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Autostima e riconoscimento di identità e bisogni

Come si fa a stabilire quanta stima abbiamo di noi stessi?

Alcuni degli elementi che ci permettono di capirlo sono: l’essere soddisfatti di sé, l’attribuire la giusta importanza alle proprie idee e ai propri progetti, il fidarsi delle proprie capacità di realizzarli e il non temere di assumersi ruoli di responsabilità per farlo.

Su cosa si basa la stima di sé? Tra i tanti fattori che la compongono e la modulano vi è senz’altro la capacità di riconoscere, rispettare e permettersi di soddisfare le proprie esigenze. Più una persona ha confidenza con queste istanze, più equilibrato e armonioso è il rapporto che ha con se stessa e di conseguenza il valore che si attribuisce e la capacità di contare su di sé. Quest’ultima è poi fondamentale anche per riuscire ad aiutare gli altri. Viceversa, un atteggiamento troppo dipendente, ansioso, pauroso o passivo è senz’altro indice di un difetto nella valutazione delle proprie energie, capacità e qualità. Attenzione: anche un’apparente eccessiva stima di sé può nascondere proprio il contrario, ma ce ne accorgiamo dall’atteggiamento troppo rigido, duro, aggressivo, arrogante o testardo della persona che ne è affetta.

Come e quando nasce la stima di noi stessi? La costruzione dell’autostima va di pari passo con quella della nostra immagine interiore e si forma già dalla più tenera età, ma si va poi modulando nel corso dell’infanzia, dell’adolescenza e della vita adulta a seconda delle esperienze che facciamo e, soprattutto, del senso che assegniamo loro. Un momento cruciale per la determinazione di quanto valore e fiducia riusciremo ad attribuire a noi stessi è senz’altro l’infanzia. Durante quel periodo siamo totalmente dipendenti, per la soddisfazione delle nostre esigenze, dalla capacità delle persone di riferimento di individuarle e di occuparsene in modo appropriato ed esaustivo. Più forte e chiaro ci arriva il messaggio che i nostri bisogni e la nostra individualità vengono riconosciuti, rispettati e soddisfatti, più diventiamo fiduciosi del fatto che questo sia possibile e, man mano che acquisiamo autonomia e cominciamo a fare tutto questo da soli, questa esperienza positiva ci ritorna, appunto, sotto forma di capacità di darci valore e di fare affidamento sulle nostre capacità. Se qualcosa va storto in questo lungo e delicato processo, se, quindi, non sentiamo pienamente riconosciuta e rispettata la nostra identità, la nostra individualità (cioè il nostro essere specifici e speciali), i nostri bisogni di amore e accudimento incondizionato e di protezione, possiamo formare dentro di noi l’immagine di una persona trascurata e trascurabile, inadeguata, non all’altezza delle aspettative e quindi non particolarmente stimabile. Non solo la famiglia, ovviamente, ma anche gli altri ambienti importanti per la nostra formazione. Per esempio la scuola, o le amicizie, possono contribuire a bilanciare o viceversa ad affossare la stima di se stessi. 

A seconda del tipo di personalità a cui capita di non sentire riconosciute e rispettate le proprie istanze profonde e i bisogni primari, poi, potremo avere come effetto finale un atteggiamento passivo e vulnerabile oppure, al contrario, insofferente, rigido e persino arrogante, o persino un’alternanza di entrambi, a seconda delle circostanze.

La ricostruzione dell’autostima.

Si può recuperare la stima di sé, anche se le ragioni della sua scarsità o precarietà sono così lontane nel tempo? Per fortuna, assolutamente sì. Non sempre è un percorso lineare o privo di ostacoli, ma è quasi sempre possibile risanare alla base quanto abbiamo vissuto e interpretato a nostro sfavore. Molte sono le strade oggi disponibili per giungere a questo risultato. Ci si può per esempio allenare a immaginare, costruire interiormente e poi esprimere reazioni e comportamenti diversi da quelli abituali, frutto dell’atteggiamento auto-svalutante. Nel tempo, questa sorta di auto-imposizione può aumentare la consapevolezza e la gestione delle proprie reazioni disfunzionali, che verranno sempre più spesso contraddette e poi messe in ombra dal comportamento volontario e programmato e dai risultati che questo ci farà ottenere. Così facendo, si può man mano rigenerare anche l’auto-immagine che è alla radice dei comportamenti stessi.

Tutto questo richiede ovviamente, soprattutto nelle fasi iniziali, un certo sforzo per contraddire nei fatti e nell’atteggiamento esteriore il sentimento interiore, all’inizio non ancora coerente con la nuova immagine di noi stessi che vogliamo ricostruire. Per uscire dalla bassa stima di sé, insomma, una delle strade più battute è quella di usare tecniche e sistemi idonei a farci assumere il comportamento e la personalità di un soggetto dotato di una buona stima di se stesso, finché quest’atteggiamento non diverrà a sua volta un comportamento abituale.

Una strada piuttosto diversa è quella proposta dal metodo FastReset. In questo caso, la ricostruzione della stima di sé avviene cercando di risanare le stesse sensazioni ed emozioni che hanno originato la vecchia e inadeguata immagine di sé stessi, riaggiornandola in modo del tutto spontaneo, senza imposizioni o forzature (vedi anche Liberarsi delle convinzioni limitanti). Questa procedura è attuata in tempi piuttosto rapidi ed è in genere del tutto soddisfacente. Non si tratta di illudersi di non aver vissuto manchevolezze o trascuratezze ma della possibilità, che ci è per nostra natura accessibile, di dare spontaneamente un altro significato a quanto abbiamo vissuto e, quindi, un altro valore a noi stessi. Si permette inizialmente al soggetto in trattamento di esprimere i propri sentimenti riguardo all’origine delle sensazioni negative verso se stesso, passando in genere in pochi minuti dal dolore o dalla rabbia per quanto non ci è stato dato o ci è stato tolto anzitempo alla piena consapevolezza della propria reale forza e capacità. Così, possiamo recuperare e riportare in primo piano le nostre capacità latenti (ma ovviamente sempre presenti) di centratura, autonomia, responsabilità e valore.

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