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Q&A: le vostre domande a Robin Hobb

Q&A con Robin Hobb: abbiamo raccolto le domande dei lettori per Robin Hobb, amata scrittrice di fanatsy e autrice de L’assassino – Il Ritorno. Ecco le risposte!

  1. DOMANDA: Da dove è nata l’idea di creare il Reame degli Antichi? E, in più in generale: perché ha scelto il fantasy e non un altro genere?

Oh, questa è una fregatura! Sono due domande belle lunghe, non una sola!

Il Reame degli Antichi non è un’idea in sé, ma l’evoluzione di un’idea. Le mie storie iniziano sempre con un personaggio che deve affrontare un problema. Il mondo in cui il personaggio è calato viene svelato via via che iniziamo a prendere familiarità con lui o con lei. Scopriamo la famiglia e gli amici del personaggio, la sua professione, dove vive, l’estrazione sociale, il modo di vestire, l’economia della regione in cui vive, il tipo di governo, la geografia di quell’area, in particolare, e di quel mondo, in generale.  

Pertanto, da scrittrice, creo il mondo in cui la storia si svolge come estensione di un personaggio. Se ci pensate, vi accorgete che lo stesso è vero anche per noi, nella vita di tutti i giorni. La mia visione del mondo è plasmata da tutte quelle stesse cose, e se io fossi nata in una famiglia diversa, in una parte del mondo diversa da quella in cui mi trovo ora, quella stessa visione sarebbe parecchio diversa da quella attuale.

Perché scrivo fantasy?

Scrivo fantasy perché mi permette di inventare la mia storia per il lettore senza limiti o idee prestabiliti. Il fantasy consente allo scrittore di lavorare su una tela completamente intonsa.

Se io inizio una storia con una frase riguardo un re italiano, un giovane cattolico, uno schiavo del Mississippi o un colono ebreo, il lettore subito fa delle supposizioni e prova simpatia o antipatia per il personaggio. Ad esempio, un re italiano è calato in un certo periodo storico. Leggendo, dunque, si balza subito alle conclusioni riguardo gli abiti, il cibo e lo stile di vita delle persone di quel periodo. Ma, se io inizio una storia parlando del re di Calursoria, il lettore si ferma e aspetta che sia lo scrittore a fornire gli elementi che gli mancano; quindi, è pronto a credere che il re sia scelto dal caso e governi per un solo anno prima di essere sacrificato a un dio. Ora, non importa che chi legge provi pietà per il re o ne sia intrigato, quel che conta è che è pronto a seguirmi dentro la storia. Solo con il genere fantasy uno scrittore può distogliere completamente il lettore dalla realtà e creare un nuovo mondo e, forse, persino nuove idee. Questo non vuol dire che chi scrive possa prendersi troppe libertà e dire “Oh, dopotutto si tratta solo di fantasy. Il lettore crederà che una ragazza possa portare in spalla il suo cavallo o che si possa tagliare la gola a un uomo facendolo sopravvivere.” Ci sono delle regole da rispettare. Non si possono infrangere le leggi della fisica o del buon senso a meno che lo scrittore prima non stabilisca delle regole per cui una ragazza possa sollevare il cavallo (una forza magica) o un uomo non muoia dissanguato.

Dunque, il fantasy offre a uno scrittore un’ampia gamma di possibilità nel plasmare un mondo o una situazione.

DOMANDA: Come mai ha deciso di tornare a Fitz con una nuova trilogia?

La prima e più importante ragione di ciò è che c’era ancora qualcosa da raccontare. I tempi erano maturi per tornare a Fitz e al Matto. Quando, nel corso degli anni, mi sono cimentata con il Reame degli Antichi, ho scritto i libri in ordine cronologico. Dunque, i fatti che accadono nella trilogia di Fitz e del Matto avvengono dopo “Le Cronache delle Giungle della Pioggia”, e per me la loro è la storia che più mi preme raccontare ora.

Se dovessi trovare tutte le differenze, dovrei scrivere una trilogia solo su questo. Che è proprio quel che sto facendo! Non posso parlare qui di come sono cambiati i personaggi, altrimenti rivelerei troppo del libro. Gli anni sono passati, e il tempo ha lasciato il segno su tutti i personaggi proprio come succede per tutte le persone su questa terra. Sono passati sette anni dalla chiusa de Il destino dell’Assassino alla prima scena de L’assassino. Il ritorno. E, nel primo libro di quest’ultima trilogia, si svela un bel po’ di quel che è successo in tutto questo tempo.

Le domande su che cosa abbia “ispirato” un personaggio o un luogo mi confondono sempre. Ape non l’ho immaginata prendendo spunto da qualcuno che conosco o ho conosciuto. Certo, ho una conoscenza generica dei bambini che ho acquisito nel corso di una vita, cosa naturale specialmente se uno è un genitore o un nonno. Ma Ape è del tutto frutto della fantasia. Se uno scrittore ambienta una storia in un mondo fantastico, penso che faccia un errore terribile a inserire un personaggio che esiste nel mondo reale. Il personaggio “reale” sarebbe un estraneo lì perché non è nato e cresciuto in quella cultura. Per me semplicemente non può funzionare.

Se io rispondessi sì o no a questa domanda, farei un super spoiler per la nuova trilogia.

No. Scrivere è qualcosa che mi piace fare, ma non considero la scrittura una forma di terapia. Nelle mie storie, mi piace farmi una domanda, darmi una risposta ipotetica e poi sviluppare quella risposta in una storia per vedere se funziona oppure no. Nel racconto successivo, potrei dare una risposta ipotetica differente alla stessa domanda. Per me, l’atto dello scrivere è sempre legato a qualcosa da raccontare, niente di più, niente di meno.

DOMANDA: Lei è appassionata di astrologia? Ha mai pensato al segno zodiacale dei suoi personaggi?

La mia conoscenza dell’astrologia è molto superficiale, si limita agli oroscopi che trovo sui giornali. Quindi, non ho mai considerato quella domanda. Inoltre, visto che i miei racconti sono ambientati in un mondo totalmente diverso dal nostro, l’astrologia di questo mondo, valida per questo universo, si potrebbe applicare lo stesso?

DOMANDA: Lei è molto gentile con i suoi fan sui social network e la ringrazio molto per questo. Nonostante la sua gentilezza, lei nei suoi libri ha descritto alcune scene molto cruente! Come è riuscita a farlo?

La vita è fatta tanto di crudeltà, quanto di gentilezza. Scrivere una storia che contenga solo una o solo l’altra mi sembrerebbe davvero strano. Quando scrivo, la storia segue una logica sua, di questo tipo: “che cosa succederà poi?” E qualche volta accade qualcosa di molto triste, difficile o duro. Evitare tutto ciò e risparmiare al protagonista tutto il dolore o tutte le difficoltà non mi sembra molto giusto nei confronti del lettore e, credo, renderebbe il libro molto noioso. Tutti noi abbiamo avuto giorni in cui accade un disastro dietro l’altro. Ad esempio, sono in ritardo al lavoro, il bambino si ammala, mi si buca una ruota e inizia a piovere a dirotto proprio quando mi accorgo che anche la mia ruota di scorta è a terra. Quindi, talvolta, sì, eventi terribili a catena accadono ai personaggi. Ma, se uno toglie questi eventi dal libro e protegge i personaggi da tutto il dolore, non rimane molto da raccontare.

L’assassino. Il ritorno

L’assassino. Il ritorno

Robin Hobb

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