Nell'Italia fascista delle leggi razziali, la famiglia del dottor H. viene cancellata dalle liste degli ebrei censiti a Roma: per loro niente emarginazione, niente persecuzioni, niente treni diretti ad Auschwitz. Da quella notte in cui il dottore ottiene le chiavi dell'ufficio che custodisce i documenti, per cancellarsi dall'elenco, inizia un'esistenza di apparente normalità. La storia di Stefania comincia così, ancora prima della sua nascita nel 1940, ignara della tragica sorte a cui sarebbe andata incontro, se non fosse stato per quella chiazza di scolorina. La storia di Stefania prosegue dopo la guerra, all'insegna del benessere e della solita apparente normalità: gli studi, il matrimonio che corona un sogno di libertà, la nascita di Fabrizio. Ma in lei c'è un abisso, quello di un'identità negata, che le costa l'incomprensione di sé e del figlio. Come una tara lo "strappo nell'anima" si trasmette a Fabrizio, caduto nel tunnel della droga. Cercando di ricucire il rapporto con il figlio, Stefania risale alla parte negata della propria infanzia nel tentativo di recuperare la propria origine ebrea.