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In occasione dell’uscita del suo nuovo romanzo “Tutti i colori tranne uno”, la nostra editor Linda Poncetta ha intervistato Luca Ammirati sulla sua ultima storia.
Ecco che cosa ci ha raccontato.

Chi è Damiano, il protagonista di questo tuo nuovo romanzo?

Damiano è figlio di un viticoltore, il padre Vittorio è produttore del Rossese di Dolceacqua, il vino rosso principe della Liguria. Fin da bambino è stato abituato a correre tra i filari d’uva e ha partecipato a più di una vendemmia. Ma, contrariamente a quanto avrebbe desiderato il suo amato genitore, quando è cresciuto non si è occupato dell’azienda di famiglia, in parte a causa degli screzi con la madre, Ester, con la quale ha sempre avuto un rapporto conflittuale, un po’ per la convinzione di non essere all’altezza della situazione. Damiano infatti è daltonico, lo ha scoperto alle elementari in modo traumatico sbagliando a colorare un disegno, e i suoi occhi non sono in grado di percepire il rosso, il colore delle passioni, delle emozioni forti, dell’amore, dello slancio vitale. Crescendo in mezzo a quel senso di insicurezza è diventato un adulto incompleto, proprio come il suo corredo genetico. Un uomo che ha abdicato a tantissimi buoni propositi, che non ha mantenuto quello che gli anni giovanili promettevano e che forse ha perso il gusto per la vita stessa. Solo che, come è inevitabile, quest’ultima prima o poi chiama, e quando lo farà nella maniera più dura starà a Damiano capire se finalmente prendere atto delle proprie mancanze, abbracciare i cambiamenti e farci i conti una volta per tutte.

Il vino è per i personaggi di questa storia un lavoro e una passione, ma dalle parole del padre di Damiano diventa, in un certo senso, metafora della vita.

Nei vari flashback che lo vedono coinvolto con il figlio, Vittorio appare come una figura presente e rassicurante, nonché come una sorta di filosofo, di artista, di maestro. Lasciava che Damiano, prima bambino e poi ragazzo, lo seguisse nelle vigne e in cantina, dispensava i suoi insegnamenti sul vino e intanto condivideva con lui la sua visione del mondo. Vino e vita, per certi versi, vanno di pari passo. Prima di tutto perché sono divisi in annate, e ogni annata è una storia a sé: ci sono quelle buone, caratterizzate da momenti importanti e indimenticabili, e ci sono quelle in cui invece è necessario farsi forza. E poi perché il vino è sinonimo di aggregazione, dello stare insieme, un qualcosa che è prezioso tanto nella felicità quanto nella tristezza. Accompagna le domeniche in famiglia, le giornate con gli amici, le occasioni speciali, serve a festeggiare le belle notizie ricevute e a confortare quando si ricevono quelle cattive. Scorre dove scorre la vita. E infatti, ultimo parallelismo ma non meno importante, il vino è anche metafora dell’invecchiamento inteso come risorsa.

Come in tutti i tuoi romanzi, a fare da sfondo è la tua Liguria, i suoi paesaggi, le sue tradizioni e i suoi abitanti. Dove è ambientato Tutti i colori tranne uno?

Amo moltissimo raccontare il mio territorio, la mia Sanremo, il Ponente Ligure e in particolar modo il suo spettacolare entroterra. Dopo aver raccontato il suggestivo Osservatorio astronomico di Perinaldo in “Se i pesci guardassero le stelle” e l’affascinante villaggio degli artisti, Bussana Vecchia, ne “L’inizio di ogni cosa”, ho sentito il desiderio di ambientare una storia a Dolceacqua, il borgo reso celebre e immortale da un dipinto di Claude Monet, durante il suo soggiorno in Riviera nel 1884. Mi sono divertito a tratteggiare gli scorci, i colori, i caruggi e i sapori di questo luogo, che per me ha un significato particolare. Dolceacqua, infatti, ha dato i natali a mio nonno materno. E anche se non l’ho mai conosciuto perché se ne è andato diversi anni prima che nascessi, anch’io, come il mio protagonista, fin da piccolo mi sono ritrovato sul vecchio ponte a schiena d’asino con il castello dei Doria sullo sfondo, un vero e proprio paesaggio impressionista, con le mani sporche dello zucchero delle michette, un dolcetto dalla storia importante che vi invito a leggere. Devo ammettere che, personalmente, è poi motivo di grande orgoglio constatare, da parte dei lettori che mi scrivono messaggi, quanto affetto ci sia nelle altre parti d’Italia e all’estero verso il nostro territorio, le nostre eccellenze. È emozionante ricevere le loro testimonianze sull’accuratezza delle descrizioni che faccio e addirittura le loro foto dai posti che racconto perché, una volta terminato il libro, desiderano andare a vedere con i loro occhi quanto ho narrato. Mi auguro che, come successo in passato, in tanti possano innamorarsi di Dolceacqua, merita assolutamente una visita. Piccolo spoiler: nel romanzo sono presenti alcuni capitoli ambientati a Monte Carlo. Lascio a voi scoprire come, dove e perché…

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