Perché il CINESE?

Abbiamo fatto qualche domanda a MASSIMO DE DONNO, LUCA LORENZONI e GIACOMO NAVONE a proposito del loro nuovo libro CINESE IN 21 GIORNI. Le risposte sono davvero molto esaustive e vi consigliamo di leggerle attentamente.

1) Perché studiare cinese?

Un semplice ma importante motivo è che al giorno d’oggi oltre 1,5 miliardi di persone ne parlano una qualche forma. Sicuramente un buon motivo per avvicinarci a questa lingua straordinaria. Un’altra ragione impellente? Viviamo nell’era della connessione, della globalizzazione, e più della metà del mondo parla cinese: è la lingua più usata nel commercio. Vuoi essere competitivo nel mondo del lavoro? Parlare cinese ti permetterà di stringere ottimi rapporti commerciali con imprenditori cinesi. Non sei un imprenditore? Potrai comunque offrire la tua competenza linguistica a chiunque ne abbia bisogno e in qualunque campo.

La Cina, in effetti, dati i suoi numerosissimi abitanti, ha svariati bisogni che il mondo occidentale può soddisfare, dai più basilari (alimentazione), ai più evoluti: arte, arredamento, abbigliamento di lusso, per citarne solo alcuni. Inoltre, in qualunque nazione viviamo o decidiamo di trasferirci, esistono le “China Town”: un fenomeno legato all’immigrazione di persone di nazionalità cinese che, in cerca di una vita migliore, creano attività commerciali ovunque si trasferiscano. Si crea così l’opportunità di utilizzare la lingua per viaggiare, per ordinare un piatto tipico, per l’educazione e nelle relazioni in generale. A tal proposito, negli anni passati a contatto con il popolo, la cultura e la lingua cinese, ho avuto il privilegio di conoscere centinaia di cinesi: in molti ho riscontrato un marcato senso della famiglia, una non comune dedizione al lavoro, tanta voglia di crescere e di apprendere.  La passione per la lingua mi ha avvicinata alle persone di questo paese, tra le quali annovero alcuni fra i miei più cari amici. 
Un altro ambito dove è richiesta la conoscenza della lingua cinese è quello scolastico. I figli dei cinesi che vivono in Italia crescono e studiano nelle nostre scuole e spesso i genitori lavorano tutto il giorno e non parlano bene l’italiano: i giovani si ritrovano così catapultati in un paese di cui non conoscono lingua e abitudini. A volte vengono inseriti in classi speciali; hanno bisogno di assistenza graduale e questa responsabilità e il compito di inserire i nuovi venuti ed integrarli nel sistema educativo italiano ricade soprattutto sugli insegnanti. In realtà, anche le necessità quotidiane di questi nuovi “utenti” diventano un motivo valido per sapere qualche parola di cinese. Per esempio, ho conosciuto idraulici, elettricisti e falegnami che, dovendo offrire i loro servizi e i loro prodotti a privati e piccole imprese, desideravano sinceramente imparare qualche frase utile alla loro attività. In ultima analisi studiare cinese sicuramente arricchisce chi lo fa.

2) Qual è la cosa più difficile per un italiano che studia la lingua cinese?

Innanzitutto, smettere di pensare che “è difficile”, smettere di cercare un perché per ogni differenza rispetto all’Italiano. Inoltre, studiare cinese per chi conosce altre lingue paradossalmente sembrerebbe più facile, invece a volte viene percepito molto più difficile della media perché segue degli schemi sui generis. Qui è interessante un pensiero di Einstein: “Non puoi ottenere risultati diversi facendo sempre le stesse cose”. Infatti chi ha già un metodo di studio che ha dato risultati è convinto che sia il migliore e non sempre è disposto a cambiare i propri schemi mentali per recepire nuove informazioni. Occorre sperimentare approcci differenti a quelli a noi familiari. Superata la barriera del proprio background, una persona di lingua italiana può iniziare a studiare davvero con profitto, imparando anche la fonetica e l’ordine dei tratti che compongono i caratteri cinesi.

Quanto a toni e regole di pronuncia, occorre usare gli organi fonatori in maniera differente dalla nostra: si tratta di sapere come fare e di esercizio. Un aspetto degno di nota è che la persona che parla e ascolta il cinese mandarino attiva diverse aree del cervello. La psicologa Sophie Scott e i suoi collaboratori a Londra e a Oxford hanno rilevato con tomografie cerebrali quali aree del cervello si attivano in relazione al linguaggio. Già alcuni anni fa il giornale “The Guardian” riportava queste informazioni: “i ricercatori hanno scoperto che nelle persone di lingua inglese che sentono parlare inglese si attiva il lobo temporale sinistro. Invece, “quando persone che parlano cinese mandarino ascoltano la propria lingua, si attivano sia il lobo temporale destro che quello sinistro”. Perché? “Si ritiene in genere che il lobo temporale sinistro riconosca le parole a partire dai suoni che le compongono, mentre quello destro elabori melodia e intonazione”, spiega il giornale. “In mandarino cambiando il tono cambia il significato della parola” Per esempio la sillaba ‘ma’ può significare ‘madre’, ‘canapa’, ‘cavallo’ o ‘insultare’, quando varia il tono varia anche il significato. La Scott osservava: “Riteniamo che chi parla mandarino interpreti l’intonazione e la melodia nel lobo temporale destro per dare il corretto significato alle parole che vengono pronunciate”.

Anche per la scrittura, dopo aver appreso i criteri di base con le tecniche di memorizzazione, con un po’ di pratica tutto diventa facile. Alla fine, è solo una lingua diversa. Di solito sorge spontanea una domanda: qual è la parte più semplice di questa lingua? Ogni carattere corrisponde in genere a una parola di senso compiuto, ed è invariabile: i caratteri cioè non si modificano in base al genere maschile o femminile, o in base al numero, plurale o singolare. Inoltre, i verbi non si coniugano e le differenze temporali (presente, passato e futuro) si formano utilizzando pochissimi avverbi e particelle. Insomma, le regole di grammatica del cinese base sono semplicissime: per un italiano abituato fin dalle classi elementari a studiare molte regole grammaticali, è un vero sollievo. Anche i concetti espressi dai caratteri sono estremamente semplici. Ad esempio, una volta stavo parlando del Vesuvio con una madrelingua che era stata a Napoli, volevo chiedere se avesse visto l’imponente montagna, ma non sapevo come si dicesse la parola vulcano. In quel momento pensai: “Come posso farmi capire?” Decisi di unire due vocaboli “fuoco” e “montagna”, per scoprire poi che in realtà si diceva davvero così! «火山» «Huǒshān».

3) Qual è il fattore vincente di questo metodo?

Le tecniche di memoria sono meravigliose perché sfruttano le caratteristiche naturali di cui ogni essere umano è dotato. In meno di un mese, modificando le nostre abitudini, possiamo acquisire un metodo che rivoluziona i cicli classici di apprendimento di una lingua. Come minimo si dimezzano i tempi. Infine, tutto dipende dai propri obiettivi.

Il libro “Cinese in 21 giorni” si prefigge soprattutto di facilitare il percorso di chi vuole comunicare in modo semplice e in poco tempo. Anche imparare la scrittura diventa più semplice, seguendo un procedimento preciso. Per ogni carattere, una volta appreso l’ordine in cui si scrivono i tratti, la parte più semplice del carattere cinese, basterà seguire alcuni passaggi e sarà possibile memorizzare i radicali (parti del carattere che ci aiutano a riconoscerlo). In tutto sono 214, non tantissimi, e con il metodo “Genio in 21 giorni” si possono memorizzare in metà del tempo. Di solito si trovano all’interno del carattere stesso, a sinistra o nella parte superiore, e addirittura, se usati singolarmente, molti di questi hanno un loro significato. Sei un po’ curioso? Come diceva Hegel (per incoraggiare i lettori a avvicinarsi allo studio del suo sistema filosofico), “per imparare a nuotare, bisogna entrare in acqua.”

E qui il sito che vi aiuterà fornendovi sostegno e supporto nello studio del cinese www.cinesein21giorni.it

Caro lettore, se desideri restare aggiornato sulle novità editoriali e le iniziative di Sperling & Kupfer iscriviti alla nostra newsletter: è semplice e gratuita.
Iscriviti alla newsletter