Monuments Men: Missione Italia

Robert Edsel a Brera: cronaca di una chiacchierata.

Cosa ci sia dietro il ritrovamento delle più importanti opere d’arte occidentali, lo abbiamo letto nel primo libro di Robert Edsel in cui si raccontava dei Monuments Men e delle loro imprese in Europa. La storia che si cela dietro ai tesori italiani (depredati, salvati, restituiti) la leggiamo in Monuments Men: Missione Italia. Ed è sempre questo americano coltissimo e affabile che ce la racconta.

Lo abbiamo incontrato ieri nel palazzo sede della Pinacoteca di Brera, cuore pulsante dell’arte e della storia di Milano, un luogo simbolo della lotta fatta da una città per riappropriarsi del proprio patrimonio. Perché, come ci ha detto Edsel, “chi vorrebbe mai vivere in una città senza storia e senza cultura?”. In venti minuti di chiacchierata, prima che arrivasse la stampa e il pubblico, abbiamo ascoltato rapiti la sua visione, assolutamente americana, della conservazione e della fruizione del patrimonio artistico. E ci siamo concessi qualche sospiro.

È giusto che le opere vengano spostate da un museo poco frequentato in un uno più visitato? Edsel risponde citando il caso del Museo di Worcester (se non l’avete mai sentito nominare, va bene lo stesso), il primo museo americano a portare avanti una politica di acquisizioni straordinaria per l’epoca (la collezione partì nel primo decennio del secolo scorso e fino agli anni ’30 si ingrandì notevolmente, con opere dei più famosi pittori europei). Vari Monuments Men sono stati direttori di questo illustre museo che oggi è misconosciuto perché la città che lo ospita si è vuotata. Questo non giustificherebbe lo spostamento delle opere a New York: una città senza cultura non ha niente.

Ma l’Inghilterra dovrebbe ridare alla Grecia i fregi del Partenone? Prima della Seconda Guerra Mondiale si viveva in un mondo coloniale, un sistema che prevedeva che il vincitore portasse a casa il bottino di guerra e ne facesse tesoro. La Seconda Guerra Mondiale ha cambiato le carte in tavola, le opere sono state depredate e in quel caso la restituzione era un obbligo morale dei Monuments Men. Se la restituzione del bene artistico si facesse risalire a prima della Grande Guerra, ogni paese dovrebbe riavere ciò che è suo e si assisterebbe a un totale stravolgimento: in Francia solo opere francesi, in Italia solo opere italiane etc.

E i ritrovamenti più spettacolari raccontati nel secondo libro? Bisogna citare tre casi sorprendenti: il cenacolo di Leonardo, la collezione degli Uffizi rinvenuta in Alto Adige, e il ritrovamento della statua equestre di Cosimo I che venne riportata a Firenze. (Per scoprire come i soldati utilizzassero il cavallo dovete leggere il libro…).

E, infine, una domanda d’obbligo a un americano: ma pubblico e privato sono in competizione per la gestione del patrimonio artistico e culturale? Il privato deve entrare nella gestione delle cose pubbliche? (qui Edsel ci ha guardato e sorriso, come a dire “Ah, voi italiani!”). La risposta, eccola: In America se non ci fosse l’aiuto del privato non ci sarebbe l’arte.

Punto.

Caro lettore, se desideri restare aggiornato sulle novità editoriali e le iniziative di Sperling & Kupfer iscriviti alla nostra newsletter: è semplice e gratuita.
Iscriviti alla newsletter