La vie en rose

Per chi scrive e legge d’amore è l’appuntamento più atteso dell’anno. Se ancora non lo conoscete, prendete nota perché, una volta entrate nel mood, non ne potrete più fare a meno. Sto parlando de La vie en rose, l’evento dedicato ai romanzi d’amore e alle sue lettrici. E sono proprio loro ad aver invaso, insieme a blogger, scrittrici e addetti ai lavori, la città di Firenze, sabato 14 marzo, per la settima edizione de La vie en rose.

Si è parlato di libri, di digitale, di rosa e di tutte le sfumature che l’hanno contaminato in questi ultimi anni. Una stimolante occasione di dialogo e confronto. Ma non solo. È stato bellissimo vedere così tante donne speciali unite dalla lettura. È stato come trascorrere una giornata in famiglia, una grande e straordinaria famiglia in rosa. L’appuntamento è ovviamente per l’anno prossimo!

 Valentina Rossi, editor Sperling Privé

Monuments Men: Missione Italia

Robert Edsel a Brera: cronaca di una chiacchierata.

Cosa ci sia dietro il ritrovamento delle più importanti opere d’arte occidentali, lo abbiamo letto nel primo libro di Robert Edsel in cui si raccontava dei Monuments Men e delle loro imprese in Europa. La storia che si cela dietro ai tesori italiani (depredati, salvati, restituiti) la leggiamo in Monuments Men: Missione Italia. Ed è sempre questo americano coltissimo e affabile che ce la racconta.

Lo abbiamo incontrato ieri nel palazzo sede della Pinacoteca di Brera, cuore pulsante dell’arte e della storia di Milano, un luogo simbolo della lotta fatta da una città per riappropriarsi del proprio patrimonio. Perché, come ci ha detto Edsel, “chi vorrebbe mai vivere in una città senza storia e senza cultura?”. In venti minuti di chiacchierata, prima che arrivasse la stampa e il pubblico, abbiamo ascoltato rapiti la sua visione, assolutamente americana, della conservazione e della fruizione del patrimonio artistico. E ci siamo concessi qualche sospiro.

È giusto che le opere vengano spostate da un museo poco frequentato in un uno più visitato? Edsel risponde citando il caso del Museo di Worcester (se non l’avete mai sentito nominare, va bene lo stesso), il primo museo americano a portare avanti una politica di acquisizioni straordinaria per l’epoca (la collezione partì nel primo decennio del secolo scorso e fino agli anni ’30 si ingrandì notevolmente, con opere dei più famosi pittori europei). Vari Monuments Men sono stati direttori di questo illustre museo che oggi è misconosciuto perché la città che lo ospita si è vuotata. Questo non giustificherebbe lo spostamento delle opere a New York: una città senza cultura non ha niente.

Ma l’Inghilterra dovrebbe ridare alla Grecia i fregi del Partenone? Prima della Seconda Guerra Mondiale si viveva in un mondo coloniale, un sistema che prevedeva che il vincitore portasse a casa il bottino di guerra e ne facesse tesoro. La Seconda Guerra Mondiale ha cambiato le carte in tavola, le opere sono state depredate e in quel caso la restituzione era un obbligo morale dei Monuments Men. Se la restituzione del bene artistico si facesse risalire a prima della Grande Guerra, ogni paese dovrebbe riavere ciò che è suo e si assisterebbe a un totale stravolgimento: in Francia solo opere francesi, in Italia solo opere italiane etc.

E i ritrovamenti più spettacolari raccontati nel secondo libro? Bisogna citare tre casi sorprendenti: il cenacolo di Leonardo, la collezione degli Uffizi rinvenuta in Alto Adige, e il ritrovamento della statua equestre di Cosimo I che venne riportata a Firenze. (Per scoprire come i soldati utilizzassero il cavallo dovete leggere il libro…).

E, infine, una domanda d’obbligo a un americano: ma pubblico e privato sono in competizione per la gestione del patrimonio artistico e culturale? Il privato deve entrare nella gestione delle cose pubbliche? (qui Edsel ci ha guardato e sorriso, come a dire “Ah, voi italiani!”). La risposta, eccola: In America se non ci fosse l’aiuto del privato non ci sarebbe l’arte.

Punto.

I delitti delle sette virtù

“Scrivere I delitti delle sette virtù, nato quasi per gioco, è diventato presto una necessità. Incontrollabile. Il mio protagonista, un giovane straniero in una città devastata da brutali omicidi, è cresciuto pagina dopo pagina.

Mi sono stupito anch’io di quanto alla fine sia cambiato: ma Rafael, come me, cercava la sua strada.
Il difficile, nonostante la mia passione per la storia, è stato calibrare i sentimenti che compongono la trama senza incappare in errori; sono stato ripagato scoprendo molti aspetti inediti del Medioevo che troverete nel romanzo: dai maiali spazzini ai cibi – fiumi di birra, vino e sidro! Spero davvero che questa Firenze di sangue, cupa e violenta vi entri nelle vene.”

Matteo di Giulio

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