Anna Bonacina ci racconta come è nato il suo primo romanzo “L’estate in cui fiorirono le fragole”

In occasione dell’uscita del suo primo romanzo, “L’estate in cui fiorirono le fragole“, abbiamo chiesto ad Anna Bonacina di raccontarci come è nato il libro.

Scrivere L’Estate in cui fiorirono le fragole è stata un’avventura.
Per mesi mi sono trasferita a Tigliobianco e mi sono aggirata fra le piccole vie di quel paesino creando e facendo la conoscenza dei suoi bizzarri e a volte surreali abitanti.
Ho esplorato Villa Edera assieme a Priscilla e con lei ho vissuto l’emozione di ritrovarmi in un luogo quasi incantato, dove tutti si conoscono e dove tutti – o quasi – si vogliono bene.
Muovere assieme tutti quei personaggi era come giocare al teatrino delle marionette, tirare i fili delle loro vite e farli muovere fino a creare legami fra loro e storie e vite, è stato un gioco bellissimo.
Ho cercato di metterci l’amore. Non solo quello che sboccia fra la delusa Priscilla e Cesare, ma anche quello che lega Ettore ad Amanda e l’amore giocoso che unisce Virginia e i bambini o quello doloroso e antico fra Penelope e il suo innamorato scomparso. Volevo che molte forme di amore abitassero le vie di Tigliobianco e i cuori dei suoi personaggi.
Così, farli collaborare fra loro per falsificare una lettera, per ordire una caccia al tesoro o per aiutare Cesare e Priscilla a superare gli ostacoli che si trovavano davanti, mi ha regalato l’emozione di creare un piccolo mondo. Un mondo in miniatura dentro il quale costruire piano piano le loro vite.
E poi, naturalmente, c’era la Suprema. Quella torta di fragole così sublime da avere un nome e la cui ricetta è andata perduta. La Suprema è stata una sfida, con quella sua mitologica ricetta che doveva contenere un ingrediente segreto ma una fattura che andasse d’accordo con gli anni Settanta e che potesse essere il capolavoro di una donna che era la perpetua di un piccolo paese.
Ho passato giorni pensando a come potesse essere la Suprema.
Ho chiesto aiuto alle amiche, ho fatto con loro delle prove e riso molto quando, sfornandola, scoprivamo che era un disastro.
E allora serviva modificare, togliere e aggiungere, cambiare.
Perché fra gli ingredienti che servono per fare una torta e quelli che servono per scrivere un romanzo la differenza non è poi molta ed entrambi, alla fine, sarebbe bello che lasciassero a chi li assaggia la voglia di poterne avere ancora un’altra fetta e un’altra pagina.

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GLI APPUNTAMENTI SPERLING & KUPFER DI NARRATIVA E SAGGISTICA AL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2023

Giovedì 18 maggio

Ore 17.15 Ameya Canovi presenta Di troppa (o poca) famiglia (Sperling & Kupfer), Sala Ambra pad. 1

Ameya Gabriella Canovi, psicologa esperta nello studio delle relazioni e della dipendenza affettiva, e già autrice del saggio di successo Di troppo amore, punta i riflettori dove tutto inizia: la famiglia, alla scoperta delle radici che ci rendono ciò che siamo oggi.

Ore 18.30 Panel “Wattpad e Sperling & Kupfer” con Ribes Halley, Fannie Heather, Ellie B. Luin e Selene Piromallo, Arena Bookstock Pad. 2

Dalla piattaforma alla libreria, un binomio di successo

Le amatissime autrici, divenute celebri grazie a Wattpad, si interfacciano con i rappresentanti editoriali di Sperling & Kupfer e della piattaforma Wattpad sulla collaborazione di successo tra la casa editrice e la piattaforma.

 

Domenica 21 maggio

Ore 13.30 Kira Shell con Grazia Rusticali e Serena Izzo @Ideserveabook, Arena Bookstock (Sperling & Kupfer)

La regina del dark romance incontra per la prima volta dal vivo il suo pubblico. Le due saghe Kiss me like you love me e Meet Efrem Krugher hanno venduto oltre 600.000 copie e conquistato le classifiche, i lettori e Ii social. L’#kissmelikeyouloveme ha oltre 190 milioni di visualizzazioni su TikTok. La storia di Kiss me like you love me è nata su Wattpad, dove ha ottenuto 6 milioni di visualizzazioni, poi autopubblicata su Amazon e poi è arrivata in libreria a fine 2019 con Sperling che da lì ne ha decretato l’affermazione anche con la seconda saga, Meet Efrem Krugher.

Ore 15.30 Grazia Rusticali, responsabile editoriale della narrativa Sperling & Kupfer, in dialogo con il bookclub Heloola su Daisy Jones & The Six (Sperling & Kupfer), stand Heloola Pad. 3

Intervista a Paloma Sánchez-Garnica

In occasione dell’uscita di Ultimi giorni a Berlino, la nostra editor Linda Poncetta ha intervistato l’autrice Paloma Sánchez-Garnica.

 

Prima di incontrarla, Paloma Sánchez-Garnica era per me “solo” una scrittrice pluripremiata, tra le più importanti del panorama spagnolo contemporaneo. Quando, nei giorni scorsi, è stata nostra ospite a Milano, dove ha incontrato giornalisti, librai, agenti e bookblogger, ho conosciuto una donna colta, decisa, intraprendente, che non ha paura di esporsi.

Parlare con lei è stato piacevole e illuminante, mi è venuta voglia di rileggere i suoi romanzi perché so che ora li apprezzerei ancora di più, sapendo dello scrupoloso lavoro che li precede e dello spirito che anima la mente che ci sta dietro.

In occasione dell’uscita del suo ultimo libro, Ultimi giorni a Berlino, disponibile online e in tutte le librerie, le ho fatto qualche domanda.

In tutti i tuoi romanzi, la Storia, con la S maiuscola, è un personaggio fondamentale, ma tu non ti definisci autrice di romanzi storici.

Nei miei libri non prendo un fatto o un personaggio storico come elemento centrale: pongo i miei personaggi in un’epoca determinata e ne racconto la vita quando si incontra con una determinata legge, una tradizione, dei principi morali e una precisa pressione sociale. È la gente comune a essere protagonista.

La mia intenzione è comprendere e far comprendere un’epoca attraverso gli occhi di persone come noi. Il contesto sociale, storico, geografico, infatti, ci cambia, tutto quello che ci circonda ci condiziona. E ai personaggi di Ultimi giorni a Berlino è toccato vivere in un’epoca molto dura: due guerre mondiali, crisi e totalitarismi.

Chi è il tuo preferito?

È una domanda difficile, ciascuno ha le sue peculiarità. Ci sono Claudia e Krista, le due donne protagoniste, complementari e contraddittorie, che rappresentano la realtà dell’epoca: una coscientemente antinazista, l’altra convinta che il nazismo sia la salvezza per la società, per la nazione, per il suo Paese umiliato, afflitto da crisi e problemi. Poi ci sono gli uomini, personaggi buoni ma trasformati dall’ideologia: Eric Villanueva, che ha una storia tutta particolare; il padre di Yuri, che preferisce assumersi la colpa contro di sé perché suo figlio mantenga l’immagine che ha di sua madre. Tutti loro hanno un po’ della mia ammirazione.

Il tuo ultimo romanzo è ambientato principalmente nella capitale tedesca, come il precedente, Il confine segreto dei ricordi. Sei molto legata a questa città?

Berlino mi ha sempre affascinata molto. Ci sono stata per la prima volta nel settembre del 1989, insieme a mio marito: avevo ventisette anni e per Madrid quello era il momento della liberazione, della movida, della libertà, dopo la fine del franchismo. Il passaggio in auto da una parte all’altra della città fu molto angoscioso, non sapevamo il tedesco e ci sembrò di viaggiare nel tempo. Quaranta giorni dopo, assistemmo in televisione alla caduta del muro e quello fu il momento storico che avrei voluto vivere. A partire da allora, ho seguito l’evoluzione del Paese, l’unità e la ricostruzione e mi ha sempre affascinata come la città abbia saputo imparare dalla storia, sia stata distrutta più volte e ogni volta sia stata in grado di ricostruirsi. È una città perfetta per essere raccontata in un romanzo.

Credi che in Ultimi giorni a Berlino ci siano delle somiglianze con la situazione politica attuale?

Alla fine dell’Ottocento, con la Belle Époque, l’Europa visse un’epoca di sviluppo, di scoperte, di innovamento scientifico e delle comunicazioni. Poi, i nazionalismi provocarono la Prima guerra mondiale, il cui esito destabilizzante fu causa di quella successiva, dopo l’apparizione sulla scena politica di personaggi mediocri. Oggi, siamo nella medesima situazione, come alla fine della Belle Époque: abbiamo vissuto per mezzo secolo in prosperità, poi ci siamo trovati ad affrontare una crisi sanitaria, economica e politica. Siamo vulnerabili e una società vulnerabile è facilmente manipolabile. Per questo dobbiamo contrastare i politici mediocri ed estremisti che stanno prendendo piede in Europa, affinché si garantisca l’equilibrio e si protegga la democrazia.

In questo i libri possono essere di aiuto alla società.

I libri sono fondamentali. Una società che legge è una società che ha capacità di giudizio, ha un vocabolario più ampio, maggiori capacità di analisi, è una società meno manipolabile che può sfuggire a un potere che pretende di guidarla da una parte o dall’altra. La lettura è uno strumento potentissimo e alla portata di tutti.

Parlando invece del processo di scrittura: come ti documenti per scrivere i tuoi romanzi?

Principalmente con la lettura. Quando ho un’idea e un’epoca in mente, per comprenderla leggo tutti i libri tradotti in spagnolo che la raccontano: saggi, romanzi, resoconti, testimonianze e diari della gente che l’ha vissuta. Poi guardo film e documentari sull’argomento. Trascorro molti mesi pensando, prendendo appunti a mano, immedesimandomi nelle situazioni. Una volta che mi sono immersa nella mentalità di quell’epoca, arriva il momento in cui sento la necessità di mettermi a scrivere. E durante la fase di scrittura sono molto disciplinata, mi metto nel mio ufficio e scrivo.

Hai una routine?

L’ispirazione viene scrivendo. Nessuno mi impone niente, quindi devo impormi io di lavorare. All’inizio mi costa molto, non sono sicura di niente almeno fino a pagina cento e mi capita di scartare quello che ho già scritto, perché non sono convinta o la storia non mi appassiona, quando non voglio sapere cosa succede ai personaggi che sto conoscendo.

[ndr. Curiosità: l’autrice è di Madrid, ma ha una casa vicino a Malaga, a Marbella, sul mare, che è il suo buen retiro per scrivere].

C’è qualcuno che ti aiuta durante questa fase?

Mio marito è il compagno perfetto, il mio primo lettore. Gli scrittori si sentono speciali, unici, ma serve equilibrio: quando sono euforica o, al contrario, affranta, ne parlo con lui. Lui legge e insieme discutiamo molto fino a trovare una soluzione che convinca entrambi.

E com’è invece il rapporto con la tua editor?

Lavoriamo insieme dal 2010, dall’uscita della Cattedrale ai confini del mondo. Il nostro rapporto è molto personale, quasi mi conosce meglio di me, almeno dal punto di vista narrativo. Lei non mi pone alcun limite, né di tempo, né di argomento, e mentre scrivo non mi chiede nulla. Quando la storia è pressoché completa e strutturata, comincio a lavorare con lei. Riesce a cogliere la sostanza dei personaggi, di cui parliamo per ore, come se li conoscessimo davvero, e mi aiuta a lavorarci senza che la mia vanità si senta lesa, una cosa che è molto importante per un autore. Sa come prendermi, come farmi arrivare a cambiare qualcosa senza impormelo.

Cosa significa per te essere una scrittrice donna in Spagna?

Siamo in molte donne a scrivere in Spagna. E molte sono le donne che comprano e leggono libri. In generale, però, c’è la tendenza a giudicare con pregiudizio quello che scrivono: si crede che le donne scrivano per le donne, principalmente libri banali, facili. Il serio, al contrario, è ciò che è difficile, impossibile da capire, quindi tradizionalmente attribuito agli uomini. Ma in fondo, se un libro viene pubblicato e ha successo, non è perché è stato scritto da un uomo o da una donna, ma perché è un buon libro e piace ai lettori.

[ndr. Paloma mi ha confessato di non sopportare la categorizzazione di romanzi femminili: «Vuol dire che un uomo non può leggerli?» mi ha chiesto, provocatoria. In effetti, come darle torto?]

Tutti i colori tranne uno

In occasione dell’uscita del suo nuovo romanzo “Tutti i colori tranne uno”, la nostra editor Linda Poncetta ha intervistato Luca Ammirati sulla sua ultima storia.
Ecco che cosa ci ha raccontato.

Chi è Damiano, il protagonista di questo tuo nuovo romanzo?

Damiano è figlio di un viticoltore, il padre Vittorio è produttore del Rossese di Dolceacqua, il vino rosso principe della Liguria. Fin da bambino è stato abituato a correre tra i filari d’uva e ha partecipato a più di una vendemmia. Ma, contrariamente a quanto avrebbe desiderato il suo amato genitore, quando è cresciuto non si è occupato dell’azienda di famiglia, in parte a causa degli screzi con la madre, Ester, con la quale ha sempre avuto un rapporto conflittuale, un po’ per la convinzione di non essere all’altezza della situazione. Damiano infatti è daltonico, lo ha scoperto alle elementari in modo traumatico sbagliando a colorare un disegno, e i suoi occhi non sono in grado di percepire il rosso, il colore delle passioni, delle emozioni forti, dell’amore, dello slancio vitale. Crescendo in mezzo a quel senso di insicurezza è diventato un adulto incompleto, proprio come il suo corredo genetico. Un uomo che ha abdicato a tantissimi buoni propositi, che non ha mantenuto quello che gli anni giovanili promettevano e che forse ha perso il gusto per la vita stessa. Solo che, come è inevitabile, quest’ultima prima o poi chiama, e quando lo farà nella maniera più dura starà a Damiano capire se finalmente prendere atto delle proprie mancanze, abbracciare i cambiamenti e farci i conti una volta per tutte.

Il vino è per i personaggi di questa storia un lavoro e una passione, ma dalle parole del padre di Damiano diventa, in un certo senso, metafora della vita.

Nei vari flashback che lo vedono coinvolto con il figlio, Vittorio appare come una figura presente e rassicurante, nonché come una sorta di filosofo, di artista, di maestro. Lasciava che Damiano, prima bambino e poi ragazzo, lo seguisse nelle vigne e in cantina, dispensava i suoi insegnamenti sul vino e intanto condivideva con lui la sua visione del mondo. Vino e vita, per certi versi, vanno di pari passo. Prima di tutto perché sono divisi in annate, e ogni annata è una storia a sé: ci sono quelle buone, caratterizzate da momenti importanti e indimenticabili, e ci sono quelle in cui invece è necessario farsi forza. E poi perché il vino è sinonimo di aggregazione, dello stare insieme, un qualcosa che è prezioso tanto nella felicità quanto nella tristezza. Accompagna le domeniche in famiglia, le giornate con gli amici, le occasioni speciali, serve a festeggiare le belle notizie ricevute e a confortare quando si ricevono quelle cattive. Scorre dove scorre la vita. E infatti, ultimo parallelismo ma non meno importante, il vino è anche metafora dell’invecchiamento inteso come risorsa.

Come in tutti i tuoi romanzi, a fare da sfondo è la tua Liguria, i suoi paesaggi, le sue tradizioni e i suoi abitanti. Dove è ambientato Tutti i colori tranne uno?

Amo moltissimo raccontare il mio territorio, la mia Sanremo, il Ponente Ligure e in particolar modo il suo spettacolare entroterra. Dopo aver raccontato il suggestivo Osservatorio astronomico di Perinaldo in “Se i pesci guardassero le stelle” e l’affascinante villaggio degli artisti, Bussana Vecchia, ne “L’inizio di ogni cosa”, ho sentito il desiderio di ambientare una storia a Dolceacqua, il borgo reso celebre e immortale da un dipinto di Claude Monet, durante il suo soggiorno in Riviera nel 1884. Mi sono divertito a tratteggiare gli scorci, i colori, i caruggi e i sapori di questo luogo, che per me ha un significato particolare. Dolceacqua, infatti, ha dato i natali a mio nonno materno. E anche se non l’ho mai conosciuto perché se ne è andato diversi anni prima che nascessi, anch’io, come il mio protagonista, fin da piccolo mi sono ritrovato sul vecchio ponte a schiena d’asino con il castello dei Doria sullo sfondo, un vero e proprio paesaggio impressionista, con le mani sporche dello zucchero delle michette, un dolcetto dalla storia importante che vi invito a leggere. Devo ammettere che, personalmente, è poi motivo di grande orgoglio constatare, da parte dei lettori che mi scrivono messaggi, quanto affetto ci sia nelle altre parti d’Italia e all’estero verso il nostro territorio, le nostre eccellenze. È emozionante ricevere le loro testimonianze sull’accuratezza delle descrizioni che faccio e addirittura le loro foto dai posti che racconto perché, una volta terminato il libro, desiderano andare a vedere con i loro occhi quanto ho narrato. Mi auguro che, come successo in passato, in tanti possano innamorarsi di Dolceacqua, merita assolutamente una visita. Piccolo spoiler: nel romanzo sono presenti alcuni capitoli ambientati a Monte Carlo. Lascio a voi scoprire come, dove e perché…

Nuova campagna sconti Pickwick!

È tornato l’imperdibile appuntamento con la nostra Campagna Sconti! Dal 7 Aprile al 7 Maggio TUTTO* il catalogo PICKWICK è scontato del 20%.

Le cose scontate nella nostra vita di tutti i giorni ormai non sono più molte. Il primo caldo ad aprile? Nah… Lo scudetto alla Juventus? Nah… Gli ingredienti della carbonara? Non ne parliamo. Fatti salvi gli aumenti in bolletta e i tempi di attesa per una tac, ormai di certezze ce ne restano poche. È quindi fondamentale approfittare delle cose scontate quando appaiono all’orizzonte, specialmente se si tratta di LIBRI!
Quale piacere più grande che rifugiarsi fra le pagine di un thriller di Michael Connelly o Alafair Burke o Paula Hawkins, per non pensare all’imminente dichiarazione dei redditi? Come non approfittare della penna incantatrice di Stephen King o non farsi travolgere dall’onda di sentimenti che sollevano i romanzi di Nicholas Sparks, Sveva Casati Modignani o Francesco Sole? Preferite un romanzo storico? Nessun problema, la scelta è ampia, così come per i titoli inspirational, le biografie, i saggi, i libri utilissimi della collana Wellness – che vi aiuteranno a rimettere in forma corpo, mente e anche il vostro spirito. Se poi siete appassionati di film e serie TV, scoprirete con piacere che molti prodotti cinematografici hanno preso spunto proprio da libri presenti nel nostro catalogo. Ad esempio? L’intramontabile Storia di una ladra di libri, After, It, The Tender Bar, I ponti di Madison County, Vita di Pi, La ragazza del treno, Le pagine della nostra vita… e ancora, ancora… E poi, come tutti gli anni, arriveranno le vacanze! Fate ora incetta dei libri che vi terranno compagnia sotto l’ombrellone o di fronte alle vette montane. Non rischiate di affrontare un lungo e magari noioso viaggio senza un bel libro nella borsa. Scorrete il nostro catalogo, c’è davvero una proposta per tutti i gusti, gli interessi e le età. Approfittarne è… scontato!

Consulta il listino completo (PDF).

Una pioggia da brivido

Dal 17 al 31 marzo 2023, grazie a Sperling & Kupfer e Picwick puoi avere anche tu l’iconica mantellina realizzata in omaggio a Stephen King.
All’acquisto di due titoli di King, sia trade che paperback, e/o della collana Macabre, riceverai in omaggio la mantellina di Stephen King.
In tutti i negozi e gli store online aderenti, tra cui Mondadori Store, Giunti e il Libraccio.

Jennifer Lynn Barnes ci racconta la storia di Avery Kylie Grambs

“The inheritance games”, “The Hawthorne legacy” e “The final gambit” sono i tre romanzi della saga di Jennifer Lynn Barnes che racconta la storia di Avery Kylie Grambs alle prese con una impressionante eredità e con la famiglia del misterioso benefattore.
Una saga mistery romance capace di coinvolgere il lettori con indovinelli e trabocchetti, esattamente come i personaggi dei libri.
Una sfida per Avery, per i lettori, ma anche per la traduttrice, Cristina Brambilla.

In occasione dell’uscita dell’ultimo romanzo, in libreria dal 7 marzo 2023, abbiamo intervistato la traduttrice che ci ha raccontato qualche retroscena della traduzione.

Come hai affrontato un’autrice come la Barnes? E, in generale, come ti approcci al lavoro di traduzione?
Bruno Arpaia, scrittore e traduttore, ha scritto che tradurre è ‘un piegarsi creativo’. Trovo sia una sintesi molto acuta del lavoro del traduttore: un servizio in cui metti a disposizione dell’opera tutto quello che sai e che sei.

Il romanzo è ricco di rompicapi e indovinelli, la cui resa in Italia è difficile e non sempre può essere fedele all’originale. Come ti sei approcciata a questi “tranelli” del testo?
E’ stata forse la parte in cui mi sono divertita di più. Poiché ogni traduzione è un rompicapo, gli indovinelli, le poesie, i rebus della Barnes sono stati un rompicapo nel rompicapo. Dovevano essere coerenti con la trama e risultare interessanti anche in italiano. Il mio preferito è il rebus di pagina 176 (nell’originale Final Gambit).

A proposito dei personaggi, gli abitanti di Casa Hawthorne non sono ordinari. C’è qualcuno di loro che ti ha colpito particolarmente? Hai un preferito?
Avery è un personaggio femminile interessante, e sono molto affezionata a sua sorella Libby. Ma forse mi stai chiedendo se ho un preferito tra i quattro fratelli Hawthorne. Difficile dirlo. Molto del loro fascino deriva dal confronto con gli altri. È il gruppo a renderli speciali, secondo me. Ma se proprio dovessi scegliere, sceglierei Nash. Ho un debole per i cowboy dal cuore d’oro.

Siete curiosi? Trovate i romanzi in libreria e l’autrice ha anche appena annunciato l’arrivo, a sorpresa, di un quarto, imperdibile volume.
A presto!

Beatrice Mariani ci racconta com’è nato “Amiche di una vita”

In occasione dell’uscita del suo nuovo romanzo, “Amiche di una vita”, abbiamo chiesto a Beatrice Mariani di raccontarci com’è nata l’idea di questo libro.

Sono stata spinta a scrivere questo romanzo dal desiderio di scoperchiare le sofferenze nascoste che ognuna di noi custodisce.
Tutte conosciamo il valore di un’amicizia vera e profonda. Il senso di affinità, la sicurezza di essere accettate, comprese, protette, sostenute. Eppure anche quando una persona ci è vicina da tutta la vita, resistono in noi tormenti che non sappiamo condividere.

Il libro racconta la storia di tre giovani donne, Valentina, Cristiana e Arianna, diverse ma inseparabili dai tempi del liceo. Nella fase eroica della giovinezza tutte e tre hanno creduto di poter costruire la vita che desideravano. E’ stato il tempo a mostrare loro che ogni scelta ha conseguenze e che esistono decisioni da cui non si può tornare indietro. In un’epoca in cui a trent’anni si viene ancora considerate soltanto “ragazze”, ognuna di loro deve affrontare un dolore reale e inaspettato. Per la prima volta scopriranno di sentirsi immensamente sole, sentiranno la paura di perdersi per sempre.

E’ un che libro parla allo stesso tempo di vicinanza e di solitudine interiore. Valentina si sentirà sull’orlo del baratro proprio nel mezzo di un bel pranzo di famiglia. Cristiana proverà l’impotenza di essere in balia di errori che non riesce a non ripetere. Arianna dovrà provare a fidarsi di se stessa dopo una malattia che l’ha divorata.

Un’amica, una vera amica, è quella che ci resterà comunque accanto. Il coraggio di diventare grandi, però, dobbiamo trovarlo noi.

Intervista con l’autore Miguel Àngel Montero

In occasione dell’uscita del suo libro “Il cammino per la felicità” abbiamo intervistato l’autore Miguel àngel Montero.

Il tuo romanzo è ambientato sul Cammino di Santiago, che tu stesso hai percorso. Che cosa rappresenta per te il Cammino?

Penso che il Cammino di Santiago rappresenti il cambiamento e la trasformazione, un momento in cui puoi lasciarti alle spalle ciò che eri per diventare la persona che vuoi essere. Per questo motivo il vero camino inizia alla fine del percorso, quando terminano le indicazioni e le frecce che ti guidano e sei tu che devi decidere quale strada vuoi prendere e la direzione che vuoi dare alla tua vita, una volte che lo hai concluso.

In che modo questa storia può dare ispirazione ai lettori?

L’idea alla base di questo libro era quella di creare una storia che, oltre a intrattenere, facesse riflettere i lettori e risvegliasse le loro emozioni, attraverso un bel racconto di crescita che rappresentasse un’analogia con il camino della vita. Credo che questa storia possa portare ai lettori molta motivazione e possa coinvolgerli, attraverso illusione e realtà, percorrendo un cammino che è segnato, molto spesso, da buche e ostacoli, ma è anche pieno di fiori e meravigliosi tramonti, con luoghi bellissimi da godersi e luoghi inospitali da cui apprendere; momento di pace e momento difficili; persone che ti accompagneranno sempre e altre che si perderanno nel percorso; un cammino di rischi, avventura ed esplorazione; un cammino di lacrime e sorrisi che non possiamo perderci perché, con il tempo, diventerà la nostra reale meta, e potremo solo percorrerlo verso il futuro e andando avanti.

Nella tua vita hai lavorato e studiato per comprendere la differenza tra esistere e vivere. Puoi darci un consiglio per imparare a vivere davvero (oltre a essere i tuoi libri!)?

Quando eravamo piccoli, percepivamo ogni cosa nuova con magia, allegria, entusiasmo e sorpresa… Non c’era rancore né risentimento, sapevamo vivere il presente e dimostravamo amore con molta facilità, godendoci il momento ed eravamo sempre pieni di energia, ogni giorno. Senza dubbio, quando si diventa adulti la vita smette di essere un gioco e diventa qualcosa di serio, quindi accettiamo una routine che non ci piace ma che però consideriamo normale, visto che è la stessa cosa che capita alla maggior parte delle persone. Ci dimentichiamo i nostri sogni, perdiamo la motivazione, posticipiamo tutto quello che non vogliamo fare a un altro momento, momento che poi difficilmente arriverà. La nostra vita si riempie di paure immaginarie, frustrazioni e obblighi, mentre impariamo a esistere, e non a vivere.
Per questo, il mio consiglio è di tornare al nostro bambino interiore e tornare ad apprezzare l’illusione, godendoci la quotidianità, dando valore alle cose essenziali che in fondo sono quelle davvero fondamentali. Smettere di vedere solo problemi e trovare invece soluzioni; riprendere il controllo della nostra mente e impedire che i pensieri prendano il sopravvento su di noi; dare valore a quello che arriva nella nostra vita invece di fissarci su quello che ci manca; concentrarci su “essere” e non su “avere” perché, curiosamente, le cose che hanno più valore sono quelle che non si possono comprare con i soldi: non possiamo andare al supermercato a comprare un chilo di tempo o una porzione di allegria.
In generale, nella vita succedono cose dolorose, però è anche una vita meravigliosa e va vissuta al meglio perché si vive una volta sola, o anzi, si muore una volta, mentre vivere è una cosa che possiamo fare tutti i giorni.

Ci racconti qualcosa del tuo viaggio in Italia? Quali sono i luoghi che ti sono rimasti più impressi e che ti hanno emozionato?

Italia è sinonimo di belleza. Ci sono stato moltissime volte, perché è un paese che ti obbliga a tornare. È difficile trovare, nello stesso territorio, cultura, natura, storia, architettura affascinante, arte, spiagge, isole… Se a questo aggiungi anche la sua gente meraviglioso, credo sinceramente che sia un paese unico al mondo (e posso dire di aver viaggiato moltissimo). Per questo per me è sempre un vero piacere visitarlo, e nel mio ultimo viaggio sono stato a Roma e in Sicilia, visitando luoghi che conoscevo già ma che mi trasmettono sempre qualcosa di nuovo.

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