Nascita di un commissario

“Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 dovetti occuparmi per il giornale di una vicenda inedita e misteriosa: la scomparsa di una famiglia a bordo di un camper. Ho seguito questa storia per nove anni e verso la fine m’è venuta voglia di raccontarla in un’unica soluzione. Non era ancora un triplice omicidio, ma una semplice fuga, probabilmente con denaro sottratto al fondo nero di un’azienda. A quell’epoca il giallo si era ormai sottratto dalle sue parentele conandoliane e si affermava come romanzo sociale contaminandosi col “noir” francese: una prospettiva per me molto stimolante dal punto di vista narrativo. Avevo bisogno di un investigatore e vista la scarsa presa del detective privato in questo Paese, ho pensato che dovesse essere un uomo delle istituzioni, un carabiniere o un poliziotto. Conoscevo, per aver avuto a che fare con lui, un capo della Mobile parmigiana che si presentava con profilo apparentemente dimesso e riflessivo, una specie di don Ciccio Ingravallo alla parmigiana. Mi piacque e lo presi come modello. Si sa che gli scrittori sono ladri di vita altrui. Non sapevo se questo personaggio, schivo, grande camminatore, induttivo e intuitivo, refrattario all’informatica e diffidente della polizia scientifica, avrebbe avuto o no successo. Comunque uscì la sua prima avventura ancorché atipica in quanto “fiscal thriller” e non comune indagine su un assassinio. “Mobydick” pubblicò il libro che finì nelle mani di Raffaele Crovi a cui piacque questo personaggio al punto di volerlo ospitare in due sue collane di narrativa. Nel 2003 lo stesso Crovi mi presentò a Carla Tanzi e Ilde Buratti, presidente ed editor di Frassinelli che decisero di pubblicare “Il fiume delle nebbie”. Il libro fu incluso nei 12 dello “Strega” e risultò settimo alle votazioni per la cinquina. Fu uno dei primi gialli a partecipare al premio. Due anni dopo, nel 2005, Soneri è diventato un personaggio dell’immaginario collettivo con l’uscita della prima serie di “Nebbie e delitti” interpretata da Luca Barbareschi. A quelle prime quattro puntate hanno fatto seguito altre dieci puntate andate in onda in successive due serie nel 2007 e nel 2009.”

Valerio Varesi

Intervista a Matteo Poletti

 

Una breve intervista a Matteo Poletti, autore di  un giallo tutto italiano, ironico e coinvolgente.

Il tuo romanzo Splendida giornata per un funerale è un giallo atipico, dove alla ricerca della verità non c’è un commissario ma un trentenne che per lavoro si trova ad avere a che fare con la morte ogni giorno. Com’è nato questo personaggio?

Sono sempre stato appassionato del genere giallo ma il commissario o in generale il poliziotto che indaga ormai ce lo hanno propinato in tutte le declinazioni possibili. Volevo inventare qualcosa di nuovo, estraneo alle logiche di polizia. Mi piaceva l’idea di un ragazzo qualsiasi, uno di noi, catapultato in una situazione che non conosce. Il personaggio di fatto non indaga, perché non ha le competenze.

Piuttosto va alla ricerca, non solo della verità ma anche di se stesso. Inoltre, un trentenne che vorrebbe fare altro nella vita e si trova ad accettare un lavoro che non gli appartiene (come può essere il becchino) è una condizione altamente diffusa oggi in Italia. Ventenni e trentenni con una passione o con diversi titoli di studio, per sbarcare il lunario devono accettare lavori qualsiasi, sfruttati e sottopagati, con contratti che durano a volte due settimane. Purtroppo è una condizione sempre più presente nel mondo del lavoro oggi. Volevo renderla evidente.

 

La Valsusa, il paesino di Novalesa: un’ambientazione fortemente connotata. Cosa significano per te questi luoghi e perché li hai scelti per mettere in scena questa storia? 

A livello di trama, mi serviva una location “di provincia”. Quindi ho parlato di ciò che conosco, dei luoghi in cui sono vissuto. Io sono nato e cresciuto in Valsusa, amo le mie montagne, amo andare a camminare e godermi la natura. È una valle ricca di posti splendidi, paesaggi meravigliosi e paesini degni di nota, come Novalesa. Per questo da anni lottiamo contro i progetti di cementificazione volti a distruggere l’ambiente e il territorio (come può essere il progetto Tav).

Parlare delle mie montagne era un altro modo per farla conoscere, per incuriosire il lettore, spingerlo a prendere uno zaino e venire a camminare sui nostri sentieri.

Accanto a pagine cariche di suspense, sono molte quelle che fanno sorridere il lettore. Quanto è importante per te l’ironia, anche in una vicenda che parla di morti e sparizioni? 

Proprio perché parlo di morti, della morte in generale, proprio per il lavoro di becchino del protagonista era indispensabile usare l’ironia. È un’ancora di salvezza, ci permette di esorcizzare gli aspetti più tragici e di superarli. Non solo nel mio libro ma in generale nella vita, ironia e leggerezza ci salvano da situazioni di angoscia.

Ho usato momenti di comicità proprio per questo. Spesso durante veglie funebri e funerali ho assistito a scene comiche o grottesche. Perché davanti alla scomparsa di persone care siamo spaventati, impreparati, a volte risultiamo retorici o fuori luogo. Cogliere questi aspetti e trovare il lato comico ci permette di metabolizzare qualcosa che è più grande di noi e che ci destabilizza. Ho tentato di usare questa chiave e un tono più leggero, proprio per coinvolgere il lettore e non appesantirlo.

 

 

 

Nota dell’autore: Matteo Poletti scrive.

Splendida Giornata Per Un Funerale parla di passato e presente, di vita e di morte. Nemo, il protagonista, seppellisce defunti e per tre quarti del libro si sente morto anche lui. È una condizione abbastanza diffusa tra la mia generazione, visti anche i tempi difficili, dal punto di vista sociale, emotivo e lavorativo.

Nel libro parlo di accidia, dell’immobilità che ci impedisce di cambiare, di prendere la nostra strada, di evolvere. Il protagonista è in stallo. Ed è legato ad un passato che ha messo da parte ma che ritorna prepotentemente, sottoforma di un amico scomparso durante gli anni del liceo. Attraverso la ricerca di questo amico, e quindi di una verità che tutti fingono di non conoscere, Nemo ritrova se stesso, supera la sua immobilità, riesce a chiudere i conti con il passato e a gettare le basi per quello che potrà essere il suo futuro, rivitalizzando la sua creatività e la sua passione per la fotografia.

 

 

Intervista a Susanna Mancinotti

Notte fonda in via degli Angeli” è un giallo tutto al femminile (perché femmine sono le due protagoniste) di Susanna Mancinotti, scrittrice, sceneggiatrice e autrice per la Rai, con una grande grandissima passione per i cani.

L’abbiamo incontrata per farci raccontare qualcosa in più sul suo nuovo romanzo.

Sulla copertina del libro si legge: “Un giallo al femminile nella città eterna”. Cosa vuol dire “giallo al femminile”?

Un giallo al femminile è più che altro una promessa. Non ci troverai solo azione, ma anche sottile indagine psicologica, che unita a sensibilità e sentimento, ti guiderà tra le pagine fino al finale rivelatore.

Il personaggio principale del libro è, indubbiamente, Quin, un pastore tedesco femmina che aiuta Elisa nella vita e nel lavoro. Sono gli animali a salvare gli uomini da se stessi?

Un cane ti mostra il lato migliore di te. Perché non guarda le apparenze, non gli importa se sei ricco o povero, se sei bello o brutto, apprezza il fatto che ci sei, che esisti e che ti rapporti con lui.

Come è nata l’idea di questo romanzo?

Mi sono ispirata a un fatto di cronaca che mi aveva sorpreso, perché l’avevo trovato incredibile.

Roma è uno scenario perfetto per storie d’amore e non solo… perché?

Perché è una città misteriosa come, infondo, lo è l’amore.

Io, me e Winslow – di Alessandro Bongiorni

Il mio rapporto con Don Winslow è iniziato in modo molto romantico. O almeno, io la vedo così.

Sei anni fa entrai alla Libreria del Corso di corso San Gottardo a Milano (che adesso, purtroppo, ha chiuso i battenti per lasciare spazio a una catena di dentisti) e mi rivolsi ad Alice, la libraia. Le domandai: «Cosa mi fai leggere?».

Lei, che nel corso degli anni aveva imparato a conoscermi, si diresse sicura verso lo scaffale di destra. Tornò poco dopo con due libri: L’inverno di Frankie Machine e Il potere del cane. Nel dubbio, li presi entrambi.

Qualche giorno dopo iniziai L’inverno di Frankie Machine. Quando lo finii, feci quello che faccio ogni volta che finisco un libro che ho amato particolarmente: niente.

Nel senso che per un po’ non leggo più niente. Ho bisogno di continuare a pensare a quel libro.

Nel 2010 ero alle prese col mio secondo romanzo, avevo un piccolo editore senza distribuzione e andavo in giro per librerie con in spalla uno zaino bordeaux (l’ho ancora, anche se adesso il bordeaux tende al nero) a proporre il mio precedente romanzo «da tenere in conto deposito». Tra un «no» e un «nì», successe qualcos’altro: arrivò l’estate, andai in Sardegna e mi portai dietro Il potere del cane. Divorai le sue 715 pagine in soli quattro giorni. Un paio di pomeriggi evitai perfino di andare in spiaggia perché questo avrebbe comportato l’interruzione – seppur momentaneamente – della lettura, e io da quel libro non mi ci volevo staccare. Non potevo!

C’erano Art Keller, i Barrera, Antonio Ramos, Nora Roberts, Sean Callan, padre Juan Parada, Sal Scachi, el Tiburon, le guerre tra narcos. Come facevo a mollare tutto così?

Quell’estate sancì definitivamente una cosa: nel mio modo di intendere la letteratura sarebbe esistito un prima de Il potere del cane e un dopo Il potere del cane. E non si tratta di copiare, o di scimmiottare. Niente affatto. Si tratta di capire quale direzione si vuole prendere. Cosa si vuole fare da grandi.

Io lo capii davvero nell’estate del 2010.

Ecco perché due anni fa, quando venni a sapere che “il vecchio Don” avrebbe presentato Missing. New York alla Feltrinelli di piazza Piemonte, a Milano, non potei fare a meno di andare ad ascoltarlo. L’incontro, poi moderato – bene – da Fabio Volo, sarebbe iniziato alle 18.00. Neanche a dirlo, alle 16.30 ero lì, in prima fila dopo gli alti papaveri (okay, quindi in terza fila…) ad aspettare Winslow.

Maledizione, neanche le teenager con i The Kolors o gli One Direction (postilla: la musica è morta).

La foto che vedete in questa pagina – quella in cui ho una faccia che… ma lasciamo stare – l’ho fatta al volo, mentre la folla mi spingeva da dietro reclamando la tanto agognata dedica.

To Alessandro,

Don Winslow.

È stato bello incontrarlo.

 

VENTUNO #BlogTour

VENTUNO

Se ogni indagine è una corsa a ostacoli tra mille false piste e deduzioni sbagliate, risolvere un mistero che affonda le radici nel mondo dell’illusionismo lancia una sfida ancora più complicata alla mente dell’investigatore.

Al cuore di VENTUNO c’è una rete di delitti che si estende su tutti i continenti ma trova il suo fulcro a Las Vegas, nei dietro le quinte bollenti e fumosi dei casinò, dove magia, fortuna e imbroglio si intrecciano fatalmente. Molti tenteranno di districare questo groviglio, ma solo un uomo ha la carte per farlo. Il suo nome è Nathaniel Poe: non può percepire la realtà come tutti gli altri, perché ha perso la vista, ma proprio questo gli dona una facoltà intuitiva che gli permette di cogliere tutto ciò che travalica la realtà stessa.

Non vi sveleremo altro, se non che l’autore è Antonio Casanova. “Chi, il mago?” – vi sentiamo già domandare. Già, proprio lui. E non si tratta di un trucco: Casanova ha davvero costruito un thriller mozzafiato nel quale il confine tra realtà e illusione si confonde e diviene sempre più labile fino a scomparire del tutto. Del resto, chi meglio di un illusionista di professione può costruire una storia nella quale niente è ciò che sembra?

Da qui parte il nostro #blogtour seguiteci per scoprire le tappe di questa storia al confine tra realtà e illusione…

Ecco la prima tappa su >>Letteratura Horror

La secondo tappa >>Sul Romanzo

Terza tappa >>Il Giallista

Quarta tappa >>Club del Giallo

Pessima mossa, maestro Petrosi

Paolo Fiorelli racconta «Pessima mossa, Maestro Petrosi»

Ho sempre amato i Microcosmi. Cosa intendo con questa parola? Il monastero del Nome della rosa, il sanatorio della Montagna incantata, la fortezza del Deserto dei tartari… luoghi chiusi, delimitati, che però racchiudono tutta la vita, tutto l’universo.

Anche nel mio libro c’è un Microcosmo. È il mondo degli scacchi. Un mondo segreto, affascinante, con leggi e tradizioni tutte sue, che gli affiliati difendono gelosamente, come i membri di una setta.

Ma un delitto arriva a turbare la vita protetta e isolata di questo piccolo mondo. E il Grande Maestro Achille Petrosi, che lo abita e non vorrebbe mai uscirne, si deve improvvisare detective. Sarà un detective come non lo avete mai visto, timido e goffo, ma a suo modo efficiente. Anche perché ha due assi nella manica. Da una parte, una variopinta task-force di aiutanti, composta dal sanguigno Daxa, dalla maliziosa Alexandra, e soprattutto dall’energica mamma, con cui Achille ancora vive, e che ancora lo dirige a bacchetta. E poi Petrosi può contare sul suo istinto di giocatore, che lo rende molto più simile a un detective di quanto possa sembrare a prima vista. In fondo, entrambi vivono per mettere ordine nel Caos e scoprire la verità (e che sia quella di una partita o di un delitto, poco cambia). Così mi sono divertito a immaginare le rocambolesche indagini di Achille, che dalla sua Urbavia, una città del centro Italia, lo condurranno fino a Cannes, dove affronterà in una drammatica partita il suo più terribile avversario. Chi? Questo è un colpo di scena che non vi posso rivelare…

  

Il commissario Benussi alla conquista della Spagna

Il commissario Benussi alla conquista della Spagna!

Il 4 febbraio, Roberta De Falco sarà ospite, insieme a Donato Carrisi e Antonio Manzini, alla Semana Negra di Barcellona. Tre giallisti d’eccellenza chiamati a rappresentare l’Italia in un grande evento dedicato al thriller e al giallo.

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