Kira Shell, lettera alle lettrici

Sin da bambina mi sono sempre chiesta che cosa avessi voluto fare da grande.
La risposta ancora non mi è chiara, ma vorrei raccontarvi un piccolo aneddoto che mi accadde a dieci anni e
al quale ho potuto dare un senso soltanto in età adulta.
Ricordo che la mia insegnante di italiano mi diceva spesso che i temi che scrivevo erano lunghissimi, che a
scuola ero molto taciturna ma che attraverso la scrittura aveva compreso la mia capacità di esternare tutto il
mondo che avevo dentro, come se la penna fosse l’unica amica della quale mi fidassi.
Un giorno, ebbe un’idea meravigliosa: ideò una scatola magica con la quale stabilire una corrispondenza
epistolare con i suoi alunni. La posò su un vecchio banco, accanto alla sua cattedra, e ci spiegò che
comunicare con delle lettere potesse servirci per confidarle qualsiasi cosa.
Io gliene scrissi una, la ripiegai più volte su se stessa e timidamente la infilai nella scatola magica, poi attesi
la sua risposta.
Trascorse circa una settimana.
Una mattina, particolarmente uggiosa, la mia insegnante entrò in classe, mi guardò e con un sorriso raggiante
mi disse che c’era una lettera per me.
Sono sempre stata molto riservata, pertanto la presi ma decisi di non leggerla in presenza dei miei compagni,
bensì a casa, nella mia cameretta, in totale solitudine.
Quando la aprii notai che al suo interno vi erano delle foglie secche: due rosse e una verde, emanavano un
delizioso profumo di fiori. Lasciai scorrere gli occhi sulla calligrafia elegante e ordinata della mia insegnante
e una frase, in particolare, catturò la mia attenzione: “Lo studio apre nuovi orizzonti. Da grande ti immagino
come una dottoressa, un avvocato o forse una scrittrice. Ho compreso che nei tuoi occhi spesso rattristati c’è
un intero mondo. Lascialo emergere, è meraviglioso”.
La ignorai, con un sorrisetto di scherno.
Nel 2015, a poco più di vent’anni, sentii l’esigenza di dar voce a tutte le emozioni che avevo dentro, di
smetterla di imprigionare i miei pensieri in poesie brevi e di tuffarmi nella stesura di un vero e proprio
romanzo. Così nacque Kiss me like you love me, una storia nella quale decisi di metterci tutta me stessa.
Timorosa e incerta che non potesse piacere a nessuno, nel 2017, la pubblicai su Wattpad. Avevo solo dieci
lettori al primo capitolo, poi venti al secondo, cinquanta al terzo… decisi di non mollare.
«Che importa che a leggerla ci siano pochi lettori?» Mi dicevo. Io volevo soddisfare quei pochi lettori,
perché ognuno di loro mi stava concedendo il proprio tempo, pertanto meritavano il mio rispetto.
Pochi mesi dopo, come una vera esplosione inaspettata, la mia storia riuscì a entrare nel cuore di più persone,
a emozionare, a catturare, a coinvolgere…e allora compresi che non avrei mai più permesso alla paura di
ostacolarmi.
Nel 2019 decisi di affidare Kiss me like you love me alla casa editrice Sperling & Kupfer, per dare
l’opportunità a più lettori di conoscere la storia di Selene e Neil e di analizzare, con me, una tematica molto
forte e importante.

Ma sapete qual è davvero la cosa sorprendente?
Nel 2020, ho ritrovato quei “pochi” lettori che per primi hanno amato la mia storia.
Li ho ritrovati, tutti, e a loro se ne sono aggiunti molti altri che hanno assorbito, compreso, adorato e
ammirato la storia folle dei miei due incasinati protagonisti.
In questo lungo percorso di stesura e pubblicazione ho compreso che i miei lettori sono l’insieme di tante
mani che da anni tengono stretta la mia, che da anni ricambiano il mio stesso “rispetto” e mi concedono
ancora il loro “tempo”.
Ho compreso che una storia ti entra dentro quando è vera, non importa se è un po’ imperfetta.
Oggi, in un diario segreto, conservo ancora quella lettera della quale vi ho parlato.
La rileggo, e penso che la mia insegnante avesse capito ogni cosa.
Ricordatevi che il cuore conosce già tutte le risposte e che quasi sempre vi suggerisce la strada giusta.
Dobbiamo soltanto ascoltarlo.
Io l’ho fatto e, oggi, stringo tra le braccia i miei quattro romanzi.
Spero che questo sia il preludio di nuove avventure e che i lettori continuino a essere i miei meravigliosi
compagni di viaggio.

Sempre vostra
Kira Shell

Paolo Bontempo e Gianluca Dario Rota raccontano Giugno

La storia di Giugno ha origine molto tempo fa, nel 2017. Facevamo la Civica Scuola di Cinema insieme. Era estate, le lezioni erano finite. Ma noi continuavamo a vederci lo stesso, senza motivo. Poi un motivo è arrivato, ed era la storia di un ragazzino che finisce all’oratorio controvoglia. Quel ragazzino era Domenico, e quella storia era Giugno.

All’inizio l’idea era di scrivere un film. Il problema è che scrivere la sceneggiatura di un film intero è un lavoro complesso e lungo. Un po’ una follia. Dopo soltanto 6 pagine di word, poteva finire lì. Invece abbiamo passato tutta l’estate a raccontare l’avventura di Domenico ai nostri amici. E una cosa abbiamo capito in quei mesi: Giugno era una storia in cui valeva la pena credere.

Poi al terzo anno della Scuola di Cinema abbiamo incontrato Andrea e Stefano. Con loro, e con l’aiuto di una nostra prof. dell’epoca, Beba Slijepcevic, la follia è diventata realtà. Il loro ingresso nel team è stato necessario, e oggi Giugno non sarebbe lo stesso senza di loro.

Ed è proprio il concetto di collaborazione che sta alla base di CRIU, il nostro collettivo, che si stava creando in quei mesi. Scrivere insieme ad altre persone non è solo una necessità pratica, ma arricchisce il tuo lavoro, il tuo mondo, la tua idea e soprattutto la tua persona.

Finita la scuola, è nato ufficialmente CRIU. Siamo nove autori, siamo nove amici, e ci troviamo ancora per partorire nuove idee. Di solito sviluppiamo progetti destinati a cinema e televisione, ma quello che ci interessa è raccontare storie in qualsiasi forma.
Per questo siamo felicissimi che Giugno abbia trovato una strada inaspettata, diventando un romanzo dopo una serie di incontri e coincidenze particolari.

Quindi, il romanzo lo abbiamo scritto noi, ma il lavoro che c’è dietro è frutto di tutto ciò che è CRIU. Speriamo sia un primo passo verso nuove direzioni. E nuovi incontri.

 

Marco Onnembo racconta La prigione di carta

Come cambierebbe la nostra vita se la scrittura non esistesse più?

“La Prigione di Carta” è uno e mille romanzi, scritto di getto, come a dare libero sfogo a tanti pensieri sedimentati. È un romanzo sull’Amore, un romanzo sull’amicizia e le sue fragilità, sul rapporto, labile e illusorio, che gli uomini costruiscono con ciò che credono reale. È un romanzo sulla speranza che riappare anche quando sembra affievolirsi fino a scomparire.

Ma, soprattutto, è il racconto di un uomo che si oppone a una legge ingiusta.

Malcom King, all’interno di uno scenario distopico in cui il digitale ha soppiantato i libri di carta e la scrittura a mano assume i contorni dell’eroe romantico e idealista.

Dando vita a un movimento di protesta civile contro la messa al bando della scrittura e dei testi cartacei, diviene figura archetipica degli uomini e delle donne che si oppongono a un sistema che annulla il dissenso. Il non-luogo ed il non-tempo che caratterizzano “La Prigione di Carta” diventano materia liquida, possibili scenari di ogni ambientazione e realistiche degenerazioni di un Potere non controllato.

Eloisa Donadelli racconta Ricordami nell’acqua

Arriva un momento nella vita in cui ci chiediamo cosa è stato del nostro essere figli. Guardiamo i nostri genitori con occhi diversi e cominciamo a definirne i contorni. Certi ricordi inspiegabili, atteggiamenti duri, frasi faticose, diventano comprensibili.
Io vivo accanto ad un fiume. Ascolto ogni giorno, accovacciata sul balcone, il fluire, mentre il cuore sta a riposo. Ascolto il suono cristallino e osservo l’acqua che si modifica continuamente Sto imparando a riconoscerne i cambiamenti, quando è violento e vuole esondare, quando è nascosto a svernare, quando è tranquillo e mi mostra i suoi pesci.

Così è nato il romanzo ‘Ricordami nell’acqua‘, mentre stavo accovacciata a spiare un fiume che mi ha chiesto cosa significhi essere figli. Ho subito pensato, con un sorriso, a quei due giovani hippie che hanno cercato di fare il meglio per crescermi. Ma questa non è la mia storia.

Questa è la storia di Neve. Del momento in cui scopre di non poter diventare madre a causa di una odiosa adenomiosi e lascia Rocco, donandogli la possibilità di diventare padre. I suoi antichi fantasmi sono diventati pesanti, vanno liberati al loro destino perciò decide di tornare ai luoghi della sua infanzia dove tutto è rimasto sospeso come allora. Quando suo padre, nota guida alpina, sparì, senza fare più ritorno. Quando sua madre cominciò ad avvolgerla in una tela , che invece di proteggere finí per soffocarla. Quando Cristiano fuggí al suo destino. Quando Neve cominciò a trasformarsi, come acqua nei diversi stati.

Anche noi siamo acqua, fatti di particelle in continuo cambiamento, che scorrono verso qualcosa che non conoscono e sono in grado di disporsi in un perfetto ordine geometrico. Basta trovare l’armonia per trasformarsi in unici e meravigliosi fiocchi di neve.

Anche io ho miei fantasmi che chiedono di uscire e fatico ad aprire i cancelli. Scrivere è l’unico modo per farlo.

Andrew MacDonald: l’eroismo leggendario dei librai

Care libraie e librai italiani,

È con grande piacere che vi presento un’eroina che mi ha insegnato molto sulla vita, sulla famiglia, sull’affrontare a testa alta i momenti difficili.

Sono cresciuto nelle praterie canadesi, in una cittadina che nei miei ricordi sarà sempre grigia e cupa, come in un romanzo di Dickens. Mio padre faceva il camionista, mia madre era una casalinga affetta da una disabilità intellettiva debilitante. È da lei che nasce Zelda.

Io e il mio fratello maggiore ci prendevamo cura di lei quando nostro padre stava via intere settimane per trasportare pericolose sostanze chimiche nella gelida tundra canadese: la frustrazione di dovermi sobbarcare una responsabilità così grande da ragazzino mi ha aiutato a creare Gert, il fratello di Zelda, profondamente generoso, anche se fa di tutto per nasconderlo, ma ancor più profondamente inquieto. Su di lui avevo scritto una storia: un racconto pieno di rabbia che parlava di un ragazzo che si sentiva preso in trappola dalle responsabilità e di sua sorella che, a causa dei disturbi cognitivi da cui era affetta, non riusciva mai a fare la cosa giusta per quanto ci provasse.

Alcuni anni dopo, non riuscivo a togliermi Zelda e Gert dalla testa. Senza un obiettivo preciso, mi sono messo a scrivere episodi della vita di Zelda ed episodi della vita di Gert. Ben presto, mi sono innamorato di quella tribù di emarginati dalla società e mi sono ritrovato con quasi 400 pagine della loro esistenza impilate di fronte a me. E, in qualche modo, quelle pagine sono diventate il libro che ora stringete tra le mani, lontano dalla mia cupa città dickensiana. Ma, soprattutto, nel corso della stesura del romanzo ho iniziato a capire come doveva essere stata la vita per mia madre, che aveva affrontato eroicamente le sfide quotidiane nonostante i suoi limiti.

Librerie e biblioteche erano i luoghi dove andavo a nascondermi dopo la scuola, quando non volevo tornare a casa. E, anche se sembrano passati secoli dalla mia infanzia, immagino che ci siano ancora giovani lettori come me che fanno la stessa cosa nelle librerie di tutto il mondo.

Zelda s’innamora dei libri sui Vichinghi perché le mostrano un mondo in cui le persone come lei – quelle che vengono guidate e controllate da altri, quelle che si sentono dire che non contano nulla – possono realizzarsi e diventare la versione migliore di sé. A mio avviso, non c’è atto più eroico di questo, e non c’è nulla di più leggendario dell’aiutare i lettori a trovare libri che cambieranno loro la vita.

Mi fa molto piacere donarvi questo romanzo e darvi umilmente il benvenuto nella tribù di Zelda: non avrebbe trovato la sua leggenda senza librerie e senza coloro che le rendono speciali.

Un caloroso abbraccio dal gelido Canada,

 

Andrew David MacDonald

Le donne mi chiedono – Adriana Bonifacino

Ho un rapporto speciale con le mie pazienti. Sento di averlo. E desidero averlo. Ogni donna che ha un problema di salute, di tumore del seno lo vivo come una personale sconfitta. Eppure so di averle diagnosticate, e nella maggior parte dei casi avviate alla guarigione; di averle supportate e aver offerto loro un percorso di cura in una delle eccellenze italiane per la senologia. Di aver dato loro se non il massimo che forse non ancora conosco, sicuramente il meglio di quanto so e posso fare. Ma il cancro al seno è ancora una sconfitta, anche se oggi curabile e suscettibile di molteplici opzioni terapeutiche innovative.  Ed è per questo che desidero fortemente che ogni donna dedichi più tempo a se stessa, alla propria salute fisica e psicologica. Che si affidi alla prevenzione perché ancora una volta è questa l’unica arma per essere e restare in salute. Anche nel caso che qualcosa accada. E anche oggi che non possiamo abbracciarci a causa del covid mando loro un bacio alla fine di una visita e cerco di far sorridere gli occhi dietro una anonima mascherina. Ma torneremo ad abbracciarci, e sarà bellissimo.

Io sono Zelda: benvenuto nella mia Tribù

Caro Membro della Tribù,

è un grande onore per me scriverti questa lettera.

Oggi arriva in libreria la mia leggenda, dove troverai tutte le spiegazioni necessarie per diventare un potente eroe vichingo.

Racconta la sfida che ho combattuto per sconfiggere i cattivi della mia vita, compresi i Grendel – leggendo, capirai chi sono.

Avevo con me la mia spada vichinga, ma sappi che nessuna arma è importante quanto il coraggio. C’è un detto che conosco a memoria, dice: «Il coraggio è metà della vittoria».

Per lettera non posso salutarti pugno-a-pugno, come facciamo io e mio fratello per dimostrarci rispetto. Ma immagina che lo stia facendo.

Spero che la mia leggenda ti piaccia e che anche tu diventerai eroe di una leggenda tutta tua.
Skal,

Zelda MacLeish

A 34 anni dal disastro nucleare di Chernobyl

A 34 anni dal disastro nucleare di Chernobyl, abbiamo intervistato la nostra autrice Stefania Divertito per fare il punto su un evento devastante che ancora oggi ha conseguenze allarmanti.

1) 26 aprile 1986: sono trascorsi 34 anni dal disastro di Chernobyl. I devastanti incendi che nelle ultime settimane hanno infuriato nella zona contaminata fanno pensare che la questione Chernobyl sia ancora aperta.
Chernobyl è allo stesso tempo uno dei luoghi più pericolosi e più controllati del mondo. Nonostante questo, come gli incendi di queste settimane dimostrano – con fiamme che si sono protratte per giorni e giorni sprigionando una nuova nube radioattiva – non si è mai al sicuro. In questi anni abbiamo visto il turismo verso quei luoghi di morte aumentare con un trend in crescendo, ma quando ci approcciamo a Chernobyl dobbiamo tenere ben presente di ciò che è: un memento agli errori di una generazione, e al dolore e al sacrificio di centinaia di migliaia di persone.

2) Il legame tra Chernobyl e il nostro Paese è stato forte e unico. Che cosa resta oggi di quel legame?
A inizio marzo sono stata a Lecce per un incontro proprio su Chernobyl. Lì ho potuto conoscere tante donne e uomini che hanno partecipato da trent’anni a progetti di adozione a distanza. C’era anche una giovanissima ricercatrice ucraina, ex “figlia di Chernobyl”, venuta in Italia da piccola, e poi ci è tornata per studiare, adesso lavora in un ospedale pugliese. C’era poi una donna che è riuscita ad adottare la bambina che le era stata affidata, ed era orfana. La ragazza era presente in sala. Timidamente mi ha salutata e raccontato che la vita in Italia è fatta di tanta straordinaria normalità per chi, come lei e tanti altri bambini, non avevano altra via che istituti e povertà. Ecco, quella giornata mi ha dato molto, e credo che quel legame, creatosi 34 anni fa sia ancora molto, molto forte.

3) Molte delle storie contenute nel libro rivelano una capacità tutta italiana di reagire nelle avversità. La ritrova in ciò che sta accadendo in questi mesi di epidemia?
Nei mesi successivi al 26 aprile 1986 gli italiani hanno reagito con grande slancio e grande partecipazione al dramma in corso in Ucraina e Bielorussia. Recentemente l’Italia viene raccontata come un Paese dai porti chiusi. Invece, osservando la gara di solidarietà scattata per aiutare gli ospedali, la straordinaria abnegazione di medici e infermieri, la gentilezza del personale dei supermercati, l’inventiva dei negozianti che si sono reinventati a domicilio, la voglia di condividere la paura, anche semplicemente cantando dai balconi, ecco tutto questo mi fa pensare che l’Italia sia ancora il paese dai cuori aperti, altro che porti chiusi. Nello stesso tempo, la vera sfida inizia ora, alla riapertura, dove dovremo leccare le ferite a una infrastruttura economica indebolita, più fragile. La vera solidarietà, che deve vederci uniti e coesi, deve scattare ora. Perché solo così potremo mettere in circolo il germe di una ricostruzione che possa essere sostenibile, solidale, e che non lasci nessuno indietro.

Restiamo a casa, restiamo svegli, leggiamo.

Toni Morrison
5 aprile 2020

Anche oggi vogliamo ricordare Toni Morrison, e questa volta lo vogliamo fare attraverso uno dei suoi ultimi libri, L’origine degli altri. Nel libro sono raccolte alcune lezioni che Morrison ha tenuto a Harvard, nelle quali l’autrice descrive, racconta e spiega come è nato nella storia e come continua a nascere il bisogno di Alterità. Un testo veramente affascinante, lucidissimo e accuratamente documentato su un aspetto della natura umana al quale non pensiamo di continuo, e che pure passa attraverso le nostre parole di tutti i giorni (bullismo, razzismo, sessismo, non mancano altri ismi). A commentare le riflessioni illuminanti di Toni Morrison, poi, ci sono l’introduzione di Ta-Nehisi Coates e quella all’edizione italiana di Roberto Saviano, che conferma l’universalità del discorso della scrittrice. Il testo è breve, se avete un po’ più di tempo ve lo consigliamo con tutto il cuore. E per incoraggiarvi, qui di seguito vi proponiamo un breve estratto.

Restiamo a casa, restiamo svegli, leggiamo.

Gli estranei non esistono. Esistono solo versioni di noi stessi: molte non le abbiamo accolte, dalla maggior parte cerchiamo di proteggerci. Perché l’estraneo non è straniero, è lì per caso; non ci è alieno ma di lui ci si ricorda; ed è la casualità dell’incontro con una versione già nota – benché non riconosciuta – di noi stessi a scatenare un moto di allarme. A indurci a respingere quella figura e le emozioni che provoca – specie se queste emozioni sono profonde. Ed è per lo stesso motivo che desideriamo possedere, governare e amministrare l’Altro. Per romantizzarlo, se possiamo, così da farlo rientrare nel nostro gioco di specchi.

L’Omeopatia per il tuo bambino

Se avete ancora dubbi sull’omeopatia ecco un libro che spazza via equivoci e fake news. L’Omeopatia per il tuo bambino, scritto dal medico pediatra e omeopata Lucilla Ricottini con la giornalista Rai Laura Guida, è un manuale che in maniera semplice e diretta risponde a tutte le domande che un genitore si fa riguardo alla cura del suo bambino con questa medicina. Come agisce, quali disturbi e patologie risolve, quali farmaci omeopatici usare nelle piccole malattie del bambino. L’autrice aggiunge anche dati e informazioni che raramente il pubblico conosce, spiega come alcune moderne branche della medicina avvalorino l’approccio omeopatico e introduce il lettore alla più recenti ricerche in omeopatia. Nella seconda parte del libro viene illustrata l’omeopatia basata sullo studio dei biotipi, che è uno strumento prezioso per la prevenzione in età pediatrica. Infine la biotipologia dinamica, modello originale sviluppato dall’autrice, fonde l’omeopatia e la PNEI ed aiuta ogni genitore a comprendere meglio e a sostenere il proprio bambino nella fase della crescita. Molto diffusa in Europa- l’omeopatia viene utilizzata da 100 milioni di persone- nel nostro Paese si detrae dalle tasse come spesa sanitaria.

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