“Io non sarò come voi” il nuovo romanzo di Paolo Cammilli

Maledetta primavera…. e viene subito in mente il ritornello di una famosissima canzone di Loretta Goggi, ma i lettori più attenti sanno anche che è il titolo di uno dei libri più letti dello scorso anno, scritto da Paolo Cammilli.

Dopo il grande successo di pubblico, Paolo Cammilli tornerà in libreria con una storia di amori, solitudini e inquietudini adolescenziali, ma anche di grande riscatto.

Il titolo già racconta qualcosa, IO NON SARO’ COME VOI. L’appuntamento è in libreria il 14 aprile.

Seguite Paolo su Facebook perché ci saranno tante cose da scoprire sul suo romanzo.

Ecco l’intervista in cui Paolo Cammilli anticipa la nuova storia —-> Leggi

Il nostro anno infinito

Il nostro anno infinito: come si può raccontare un libro del genere? Come si può parlare del tempo, del primo amore, dell’adolescenza senza risultare retorici e nostalgici? E se a tutto ciò si unisce una malattia devastante, le lacrime e le speranze svanite, quante possibilità abbiamo, scrivendo, di sbagliare e rovinare tutto?

Allora, per parlare de Il nostro anno infinito, ci limitiamo a elencare gli elementi che, secondo noi, sono la forza di questo romanzo:

– I protagonisti: Francis è sfigatello, tenero e ha un fratello maggiore gay e musicista: sono una coppia fantastica, si sostengono e si comprendono, discutono e piangono, sono diversi e uniti, proprio come due fratelli. Amber è un’aoutsider: bella “a modo suo”, guarda i film vecchi (trovare citato L’appartamento fa venire le lacrime a tutti i cinefili), riesce a non vergognarsi della mamma anche quando le “apre i chakra” e ama la vita.

– Le mamme: quella di Francis è forte e risoluta (è riuscita a sostenere la sua famiglia da sola) ma va nel panico per niente, sa che alle ragazze piacciono gli smalti e  fa la spesa anche per i coinquilini del figlio maggiore. Quella di Amber riscalda la casa a 45° gradi perché pratica il Bikram Yoga, disconosce stereotipi sessuali (niente trucchi e smalti) e abbraccia tutti calorosamente.

– La nonna. Semplicemente perché le nonne sono la cosa più bella dell’infanzia, e quella di Francis non è da meno.

– L’ironia e la leggerezza: che non mancano mai (MAI) in questo romanzo, neanche quando arriva il dolore, meschino, a spezzare l’incanto.

– L’amore, che può essere infinito, anche quando ha i giorni contati.

“Io e Amber avevamo trascorso il nostro primo Natale insieme. Era come se fossimo già una famiglia. L’albero avrebbe dovuto essere perfetto… E un solo regalo per Amber non sarebbe stato sufficiente. Avrei dovuto riempirle una calza intera di regali, per farle capire quanto tenevo a lei.”

L’istante esatto che lega due destini

“Certe cose rimangono saldamente immutate e al loro posto. Per quanto Coryn fantasticasse sulla possibilità di parlare a sua madre, di ricevere comprensione adesso aveva la certezza che che il tempo e la distanza sono solo dei traditori. Deformano i ricordi. La realtà rimane tale e quale.”

La storia di Coryn (raccontata da Angélique Barbérat ne L’istante esatto che lega due destini)  è simile, nel suo svolgersi fino a un certo punto, a quella di tante altre donne che – forzate dai genitori o per libera scelta – sposano un uomo violento e ne subiscono per anni angherie, vessazioni e botte. Lei è giovane e bella e i suoi genitori, che a casa hanno anche 11 figli maschi, la spingono a sposarsi a 17 anni con quello che sembra un ottimo partito. Ricco, bello e pieno di attenzioni. Che forse sono troppe e soffocanti. Coryn subisce e non ne parla a nessuno. Nasconde sconforto e tristezza persino a se stessa e si tappa il naso per evitare che le lacrime le escano dagli occhi. Nessuno sa che la sua prigione d’oro è una morsa di sofferenza e solitudine.

Finché.

Finché, per caso, per incidente, non incontra Kyle. Un musicista di fama internazionale la cui rabbia, così bene trasmessa sul palco a milioni di fan, è alimentata da un dolore profondo, da un segreto lontano, da una tristezza che riconosce negli occhi di Coryn.

Non sarà facile per loro trovarsi, incontrarsi, ritrovarsi. Ma ci proveranno per tutta la durata del libro. Un romanzo scritto benissimo, bello e intenso come pochi.

La seconda estate – Cristina Cassar Scalia

Nella mia vita ho deciso di fare il medico, ma ho scritto da quando ho imparato a tenere in mano la penna.

E ho letto, tanto. Prima o poi, questo l’ho sempre saputo, avrei avuto un mio romanzo da mettere nel cassetto, con la speranza, chissà… Quello che non sapevo è che un giorno avrei scoperto il Women’s Fiction Festival e la sua “Borsa del Libro”. E non sapevo nemmeno che, proprio lì, tra i sassi di Matera, un’editor di Sperling avrebbe mostrato interesse per quel romanzo che, infine, avevo scritto davvero.

Una villa abbandonata a Capri, un attore italiano degli anni ’60, uno spunto cinematografico… e la storia era venuta da sé. Ma La seconda estate non ha mai riposato  in nessun cassetto.

Da Matera non è più tornato indietro, ha intrapreso un viaggio che lo ha portato nel  luogo in cui ogni romanzo vorrebbe arrivare. I sogni si possono realizzare, sì. E se ve lo dice un’oculista con la passione per la penna, che da aspirante scrittrice, in meno  di un anno è diventata un’autrice pubblicata… beh, potete crederci!

Cristina Cassar Scalia

Intervista a Simone Laudiero #BlogTour #SilascianoTutti

Si chiude il #blougtour dedicatoa al romanzo Si Lasciano Tutti di Simone Laudiero.

Come chiusura abbiamo chiesto a Rosy, blogger di Inside a book, di intervistare l’autore. Ecco il la loro bella chiacchierata! 

Ciao! E benvenuto su Inside a Book, mettiti comodo… che maleducata! Posso darti del tu?

Certamente!

Ok, allora, iniziamo. Sappi che è la mia prima intervista, sono emozionata.

  1. Ti va di raccontarmi qualcosa di te? Com’è Simone in una classica giornata di riposo?

Si sveglia dopo le 9, sta un po’ su internet a leggere cos’è successo, poi scende a fare un giro, porta un maglione in lavanderia, beve un frullato sotto casa, torna a casa, mangia davanti a una serie tv, legge e/o si riposa e poi si organizza per uscire. Niente di che (NB la giornata di riposo è sempre infrasettimanale).

  1. Sei stato definito il Woody Allen partenopeo. Quanto c’è di Woody in te?

Io adoro Woody Allen (ovviamente, sono un autore comico) e sarei felice di scrivere un libro che vale quanto i primi tre minuti di Io e Annie, ma per ora mi sembra che possa essere solo un’ambizione.

  1. Si lasciano tutti… perdona la mia idea “romanticosa” dell’amore, ma… che razza di filosofia è? Non ti sembra un modo per evitare le responsabilità?

Più che una filosofia è un titolo. Ma forse rispetto ad altri titoli va subito a pungere nel vivo le persone, è più diretto, sembra lanciare sciagure dallo scaffale della libreria (e questo mi diverte). Ma la verità è che è una provocazione, come a dire: avanti, contraddicimi. Per me è un’esortazione a prendersele, le responsabilità.

  1. Quanto di te ha influenzato la creazione del personaggio di Roberto?

Molto, ovviamente. Abbiamo poco in comune ma abbiamo avuto esperienze molto simili. Roberto è un po’ meno consapevole di quello che gli succede e della qualità delle sue reazioni (ma credo sia normale: altrimenti lui sarebbe l’autore e io il personaggio). Molti non sono d’accordo, ma secondo me in queste cose di sentimenti la consapevolezza fa molta differenza.

  1. “La panchina lunga”… vogliamo parlarne?

È una teoria formulata da una mia amica, per la quale se si è single si deve sempre avere una persona (o più persone) pronta a scaldarsi nel caso quella che si sta frequentando si infortuni. È un modo molto cinico di dire che si deve sempre avere pronto un rimpiazzo.

  1. Tralasciando il protagonista, c’è un personaggio di Si lasciano tutti a cui sei particolarmente affezionato? Io adoro la nonna!

Minerva, perché è la più persa di tutti. Per certi versi è protagonista quanto Roberto, ma è una persona più discreta, meno propensa a lamentarsi e ad attirare l’attenzione. Come quando si esce con due amici che hanno qualcosa da raccontarti, ma uno dei due è più invadente e ruba tutto lo spazio. Il risultato è che Roberto ha 9 pagine su dieci, ma non per questo Minerva è meno importante.

  1. Tra tutte le ex di Roberto, ce n’è una che sarebbe la tua ex perfetta?

Ovviamente no, sono tutti personaggi deprecabili (come anche Roberto, del resto). Le uniche ragazze che considererei sono le amiche di Roberto: Anna e Minerva – ma perché sono persone vere, con cui mi piacerebbe avere a che fare. E poi sono entrambe molto carine.

Oltre ad Inside a Book, gestisco, insieme ad un gruppo di splendide ragazze, un blog interamente dedicato agli autori italiani: Italians do it better – Books Edition. Qualche giorno fa abbiamo pubblicato tre recensioni a confronto su Si lasciano tutti e ho chiesto alle mie colleghe blogger se avevano qualche domanda che premeva loro farti. Allora… eccole:

         Qual è stata la scintilla che ti ha ispirato la storia di Roberto? È nata durante una serata tra amici, due chiacchiere e qualche birra?

No, è stata la necessità di elaborare alcune separazioni particolarmente dolorose e incomprensibili. Mio malgrado, perché non ho mai avuto l’istinto dello scrivere il diario. Ma mi sono trovato all’alba di nottate particolarmente difficili a scrivere alcuni episodi come se avessi avuto bisogno di portarli fuori da me, guardarli e dire “Ma quanto è assurdo questo comportamento? Non sono io, giusto? È lei la matta”. Poi chi fosse davvero il matto, a questo punto è irrilevante.

  •            Chi è Roberto? Rappresenta un po’ i ragazzi di oggi?

Rappresenta un certo tipo di trentenne che, complice l’instabilità lavorativa, la difficoltà a trovare una casa e spesso anche una città, fa fatica a costruire rapporti duraturi e specialmente a investire su di essi. È espressione di quello che viene definito, con un termine a cui non sono affezionato, “precariato sentimentale”.

  •            Ma alla fine, davvero si lasciano tutti? (Queste sono le domande di Amaranth)

No, ovviamente no. Ho tanti amici che stanno bene insieme, sono felici, e faccio il tifo per loro. Il titolo “Si lasciano tutti” è una provocazione, è un grido di sconforto, è il pensiero che ci si forma in testa quando ci lasciamo per l’ennesima volta: “Allora finisce sempre così?”. È una provocazione, una sfida, un invito a reagire. Io lo vedo così.

  •            Pensi che la scelta di usare il dialetto sia importante per il tuo romanzo?

Io credo che l’Italiano non esista, specialmente quando si parla di sentimenti e altre cose profonde. Perché i personaggi acquistino realtà devono parlare una qualsiasi delle lingue parlate in Italia (e nessuno parla italiano, ormai neanche i doppiatori). Io conosco il napoletano meglio delle altre. Se dovessi farli parlare in perfetto italiano probabilmente non sarei in grado di distinguerli l’uno dall’altro. Per di più il libro non è tanto scritto in napoletano ma utilizzando costruzioni sintattiche napoletane: Vogliamo andare a mangiare?, Scende a farsi una passeggiata, E quello il problema è che….

  •            È vero che al nord teniamo la cazzima? Ci puoi spiegare meglio che cos’è? (E queste quelle di Alaisse)

No. (scherzo, questa è la risposta istituzionale a questa domanda). Spiegare cos’è la cazzimma è considerato impossibile: è un atteggiamento che unisce crudeltà, furbizia, vendicatività ma anche leggerezza, ironia, forse perfino empatia. Al Nord ce l’hanno come ce l’hanno da qualsasi altra parte. A Napoli la cazzimma l’abbiamo teorizzata ma solo per poi costringere gli altri a chiederci che cos’è, e a rispondere: non te lo dico. Per cazzimma.

  1. Infine Napoli. Mia mamma è di Napoli, mio padre di Salerno… è un derby quotidiano, ma io non sono mai stata a Napoli. Com’è vivere questa città?

Purtroppo non posso rispondere perché non ci vivo da anni. Mi piace ambientare i miei libri a Napoli perché è una città così densa di storie, personaggi, ambientazioni, stranezze, contraddizioni, etc – hai sempre l’imbarazzo della scelta. E anche perché in letteratura la troviamo sempre afflitta dagli stessi tagli: criminalità, emergenze varie, caffè sospesi. Penso che meriti ogni tanto di essere raccontata anche nella sua normalità, come cerco di fare.

Grazie per la tua disponibilità!

Rosy

#2secondi e il Bizzarro incidente del tempo rubato

Possono 2 secondi cambiare una vita?

Vi ricordate Valentina? la blogger che l’anno scorso ripercorse il tragitto di Harold Fry in Inghilterra.
Quest’anno ha pensato a un viaggio nel Tempo (alla ricerca del tempo rubato) in alcune città italiane.
Il motivo? Nel 1972 furono aggiunti due secondi al tempo e l’esistenza di Byron non fu più la stessa.

Possono 2 secondi cambiare la vita?
Forse sì…
Così Valentina incontrerà in queste città tutte le persone che hanno voglia di condividere con lei (e con noi) #2secondi del proprio tempo o raccontare il #bizzarroincidente che ha cambiato la loro vita.
Ecco il calendario degli appuntamenti:

Venerdì 27 settembre, ore 17.00, Torino – Tettoia dell’orologio di Porta Palazzo
Sabato 28 settembre, ore 17.00, Como – Piazza San Fedele
Venerdì 4 ottobre, ore 17.00, Perugia – Piazza IV Novembre
Sabato 5 ottobre, ore 17.00, Bologna – Piazza Ravegnana
Sabato 12 ottobre, ore 17.00, Lecce – Piazza Duomo

I delitti delle sette virtù

“Scrivere I delitti delle sette virtù, nato quasi per gioco, è diventato presto una necessità. Incontrollabile. Il mio protagonista, un giovane straniero in una città devastata da brutali omicidi, è cresciuto pagina dopo pagina.

Mi sono stupito anch’io di quanto alla fine sia cambiato: ma Rafael, come me, cercava la sua strada.
Il difficile, nonostante la mia passione per la storia, è stato calibrare i sentimenti che compongono la trama senza incappare in errori; sono stato ripagato scoprendo molti aspetti inediti del Medioevo che troverete nel romanzo: dai maiali spazzini ai cibi – fiumi di birra, vino e sidro! Spero davvero che questa Firenze di sangue, cupa e violenta vi entri nelle vene.”

Matteo di Giulio

Scopri su Pinterest la board legata al libro

Sveva Casati Modignani racconta Palazzo Sogliano

Metti una tarda mattina di settembre, quando il mese sta iniziando e le temperature sono ancora piacevolmente miti.
Metti un caffè bevuto nel giardino di una via poco trafficata di Milano, metti l’intimità e la naturalezza di una chiacchiera tra la più amata scrittrice italiana e una giovane blogger.
 
Così si incontrano Sveva Casati Modignani e Noemi Cuffia, conosciuta sul web e su Twitter come Tazzina di caffè: iniziano con Palazzo Sogliano e dei corallari, arrivano a toccare argomenti  come la famiglia – e l’importanza di averne una alle spalle, allargata o meno – per chiudere parlando della scrittura, e Sveva Casati Modignani spiega il perché del proprio stile, da dove nasce, come si è evoluto.
 
Ecco il video di un’intervista poco formale e molto sentita, partecipata e carica di emozioni che – speriamo – vi arriveranno.
 
  

Barbara Garlaschelli racconta Carola

Carola nasce da una storia lontana, da un episodio raccontatomi da un fratello di mio padre. Molto spesso i miei romanzi e i miei racconti nascono da narrazioni orali, da storie che mi capita di ascoltare tra la gente. In questo caso, l’episodio che ha ispirato Carola è la scomparsa di una sorellina di Ambrogina, la mia nonna paterna. Lei proveniva da una famiglia povera e numerosa, dove il compito delle donne, oltre che lavorare in casa, era quello di fare figli. Una delle sorelle di nonna, poteva avere circa due anni, era caduta nel Naviglio e in famiglia si era immaginato per giorni che fosse svanita in qualche modo incomprensibile.
Questo episodio è rimasto nella mia memoria fino a quando ho cominciato a scrivere di Carola, una ragazzina che è nata e vissuta a Robecco fino ai sedici anni, fino al momento in cui le capita un episodio tanto sconvolgente da spingerla alla fuga, lei così apparentemente tranquilla e con una vita semplice ma scandita da ritmi regolari e rassicuranti, circondata dalla numerosa famiglia, impegnata ad aiutare la madre e a curare l’amata sorellina, Tonietta.
Ecco, l’episodio sconvolgente doveva essere legato all’unico amore della sua giovane vita, al gancio sicuro che la teneva legata alla sua terra d’origine: Tonietta.
Sparita Tonietta, Carola ha una sola possibilità: cercarla, ritrovarla, riportarla a sé.
Ed è così che un giorno d’estate del 1905 comincia il suo viaggio che sembra una fuga ma che si rivela una scoperta: quella di se stessa, del desiderio di conoscere il mondo, di affrancarsi da una realtà sicura ma senza prospettive per lei, giovane donna povera dell’inizio del secolo.
Il mondo attorno sta esplodendo (in Europa si sviluppano movimenti culturale e artistici; ci si sta inesorabilmente avvicinando alla Prima Guerra Mondiale; le geografie umane e fisiche del Millenovecento stanno mutando) ma Carola, quando inizia il suo viaggio, né è ancora inconsapevole.
Lei fugge con la convinzione di voler trovare Tonietta, ma mano a mano che procede si rende conto che quello è un viaggio da cui non vuole fare ritorno.
Incontrerà sulla sua strada una compagnia di attori itineranti, i Meravigli, che segneranno per sempre le sue scelte. Non a caso Carola si aggregherà a una compagnia teatrale girovaga. Gli attori, soprattutto quegli attori, gli “scavalcamontagne”, rappresentano non solo l’avventura ma anche un mondo che ha rotto con le convenzioni sociali, che ha regole proprie, un linguaggio proprio, una vita a sé. Ed è con loro che Carola comprenderà l’importanza e la ricchezza delle proprie capacità sia umane che professionali. Le sue mani tanto belle e che tanta ammirazione suscitano in chi le guarda, incarneranno la possibilità di emancipazione. Diventerà un’eccellente sarta e potrà girare l’Europa da sola grazie alla sua bravura e alla sua intraprendenza.
Tra i Meravigli, Carola incontrerà Leo, il bambino che la sceglie come unica depositaria del suo segreto. Con Leo, lei inizierà un altro viaggio, più profondo, emotivo ed emozionante. Un viaggio che si rivelerà il più difficile e sorprendente.
E questa è Carola Gigli, una giovane donna curiosa e più forte di quanto nemmeno lei stessa possa immaginare, che naviga a vista (in senso metaforico e fisico) – dalle acque dei Navigli a quelle della Senna – con un unico pensiero: ritrovare quella bambina persa tanti anni prima. Ritrovarla e riabbracciarla per poter ritrovare la pace.
Carola credo assomigli a molti di noi: in fuga, in viaggio, in avventura per ritrovare quella parte bambina che abbiamo lasciato alle nostre spalle molto tempo fa ma senza la quale non possiamo vivere. Una donna pronta a mettersi in gioco, a innamorarsi, a essere amata, senza calcoli, senza troppi compromessi, vincendo la paura che la terrebbe ferma, incastrata in un’esistenza senza colori.
Carola Gigli è la vita.

Barbara Garlaschelli

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