PNL facile – raccontata da Andrea Favaretto

E’ convinzione comune che per stare bene e per essere felici, si debbano prima  raggiungere determinati risultati, ovvero acquisire quello che ci manca, con pensieri del tipo: “se non raggiungo quell’obiettivo non posso essere felice”. Questo comporta inevitabilmente frustrazione e una sensazione di continua rincorsa, alla ricerca  di ciò che non abbiamo.
Questo libro ti aiuta a capire e a mettere in pratica esattamente il contrario: i risultati che ottieni sono la diretta conseguenza di quello che sei (come tu vedi te stesso, le tue convinzioni) e di ciò che fai (le tue azioni e i comportamenti).
La programmazione neurolinguistica (PNL) non è altro che un modo per spiegare come una persona vive e agisce, nella vita di tutti i giorni, per raggiungere ciò che vuole o per allontanarsi da esso.
Di solito i testi che trattano questo argomento sono troppo tecnici, difficili da calare nella propria realtà e non fanno capire come applicare reali gli strumenti che questo approccio mette a diposizione.
 
Con questo libro, nato dall’idea di condividere la mia visione della PNL dopo anni di esperienza come trainer, ho voluto spiegare, con un linguaggio semplice, informale e tramite esempi di vita ’vera’, come possiamo capire le nostre “istruzioni per l’uso” e riuscire a cambiarle o aggiustarle, se non ci sono utili, oppure come mantenerle potenziandole.

Perché ogni persona è diversa dalle altre, per esperienze, comportamenti e per stile di vita, per cui ogni “strumento” deve essere adattato alle proprie esigenze e caratteristiche.
L’obiettivo del libro non è solo farti stare bene ma mostrarti che i risultati che ottieni sono la conseguenza del tuo benessere interiore.

Andrea Favaretto

 

I delitti delle sette virtù

“Scrivere I delitti delle sette virtù, nato quasi per gioco, è diventato presto una necessità. Incontrollabile. Il mio protagonista, un giovane straniero in una città devastata da brutali omicidi, è cresciuto pagina dopo pagina.

Mi sono stupito anch’io di quanto alla fine sia cambiato: ma Rafael, come me, cercava la sua strada.
Il difficile, nonostante la mia passione per la storia, è stato calibrare i sentimenti che compongono la trama senza incappare in errori; sono stato ripagato scoprendo molti aspetti inediti del Medioevo che troverete nel romanzo: dai maiali spazzini ai cibi – fiumi di birra, vino e sidro! Spero davvero che questa Firenze di sangue, cupa e violenta vi entri nelle vene.”

Matteo di Giulio

Scopri su Pinterest la board legata al libro

Sveva Casati Modignani racconta Palazzo Sogliano

Metti una tarda mattina di settembre, quando il mese sta iniziando e le temperature sono ancora piacevolmente miti.
Metti un caffè bevuto nel giardino di una via poco trafficata di Milano, metti l’intimità e la naturalezza di una chiacchiera tra la più amata scrittrice italiana e una giovane blogger.
 
Così si incontrano Sveva Casati Modignani e Noemi Cuffia, conosciuta sul web e su Twitter come Tazzina di caffè: iniziano con Palazzo Sogliano e dei corallari, arrivano a toccare argomenti  come la famiglia – e l’importanza di averne una alle spalle, allargata o meno – per chiudere parlando della scrittura, e Sveva Casati Modignani spiega il perché del proprio stile, da dove nasce, come si è evoluto.
 
Ecco il video di un’intervista poco formale e molto sentita, partecipata e carica di emozioni che – speriamo – vi arriveranno.
 
  

Barbara Garlaschelli racconta Carola

Carola nasce da una storia lontana, da un episodio raccontatomi da un fratello di mio padre. Molto spesso i miei romanzi e i miei racconti nascono da narrazioni orali, da storie che mi capita di ascoltare tra la gente. In questo caso, l’episodio che ha ispirato Carola è la scomparsa di una sorellina di Ambrogina, la mia nonna paterna. Lei proveniva da una famiglia povera e numerosa, dove il compito delle donne, oltre che lavorare in casa, era quello di fare figli. Una delle sorelle di nonna, poteva avere circa due anni, era caduta nel Naviglio e in famiglia si era immaginato per giorni che fosse svanita in qualche modo incomprensibile.
Questo episodio è rimasto nella mia memoria fino a quando ho cominciato a scrivere di Carola, una ragazzina che è nata e vissuta a Robecco fino ai sedici anni, fino al momento in cui le capita un episodio tanto sconvolgente da spingerla alla fuga, lei così apparentemente tranquilla e con una vita semplice ma scandita da ritmi regolari e rassicuranti, circondata dalla numerosa famiglia, impegnata ad aiutare la madre e a curare l’amata sorellina, Tonietta.
Ecco, l’episodio sconvolgente doveva essere legato all’unico amore della sua giovane vita, al gancio sicuro che la teneva legata alla sua terra d’origine: Tonietta.
Sparita Tonietta, Carola ha una sola possibilità: cercarla, ritrovarla, riportarla a sé.
Ed è così che un giorno d’estate del 1905 comincia il suo viaggio che sembra una fuga ma che si rivela una scoperta: quella di se stessa, del desiderio di conoscere il mondo, di affrancarsi da una realtà sicura ma senza prospettive per lei, giovane donna povera dell’inizio del secolo.
Il mondo attorno sta esplodendo (in Europa si sviluppano movimenti culturale e artistici; ci si sta inesorabilmente avvicinando alla Prima Guerra Mondiale; le geografie umane e fisiche del Millenovecento stanno mutando) ma Carola, quando inizia il suo viaggio, né è ancora inconsapevole.
Lei fugge con la convinzione di voler trovare Tonietta, ma mano a mano che procede si rende conto che quello è un viaggio da cui non vuole fare ritorno.
Incontrerà sulla sua strada una compagnia di attori itineranti, i Meravigli, che segneranno per sempre le sue scelte. Non a caso Carola si aggregherà a una compagnia teatrale girovaga. Gli attori, soprattutto quegli attori, gli “scavalcamontagne”, rappresentano non solo l’avventura ma anche un mondo che ha rotto con le convenzioni sociali, che ha regole proprie, un linguaggio proprio, una vita a sé. Ed è con loro che Carola comprenderà l’importanza e la ricchezza delle proprie capacità sia umane che professionali. Le sue mani tanto belle e che tanta ammirazione suscitano in chi le guarda, incarneranno la possibilità di emancipazione. Diventerà un’eccellente sarta e potrà girare l’Europa da sola grazie alla sua bravura e alla sua intraprendenza.
Tra i Meravigli, Carola incontrerà Leo, il bambino che la sceglie come unica depositaria del suo segreto. Con Leo, lei inizierà un altro viaggio, più profondo, emotivo ed emozionante. Un viaggio che si rivelerà il più difficile e sorprendente.
E questa è Carola Gigli, una giovane donna curiosa e più forte di quanto nemmeno lei stessa possa immaginare, che naviga a vista (in senso metaforico e fisico) – dalle acque dei Navigli a quelle della Senna – con un unico pensiero: ritrovare quella bambina persa tanti anni prima. Ritrovarla e riabbracciarla per poter ritrovare la pace.
Carola credo assomigli a molti di noi: in fuga, in viaggio, in avventura per ritrovare quella parte bambina che abbiamo lasciato alle nostre spalle molto tempo fa ma senza la quale non possiamo vivere. Una donna pronta a mettersi in gioco, a innamorarsi, a essere amata, senza calcoli, senza troppi compromessi, vincendo la paura che la terrebbe ferma, incastrata in un’esistenza senza colori.
Carola Gigli è la vita.

Barbara Garlaschelli

Una particolare specie di…

Le quattro amiche di Sex and the City hanno fatto scuola: hanno sdoganato le confidenze tra donne (non che prima non si facessero, semplicemente gli uomini erano all’oscuro di come si parlasse di loro), hanno creato e a volte ribaltato stereotipi femminili (la donna romantica alla ricerca del buon partito che si concede scappatelle, quella in carriera che poi si innamora e lascia Manhattan per amore, la disinibita e promiscua che diventa monogoma).
Dagli anni ’90 gli uomini hanno iniziato a guardare diversamente quattro donne sedute a bere un cocktail.

Anche in Una particolare specie di attrazione c’è un consesso di amiche (la bella, la manager, l’artista fragile e pudica) che si incontrano per parlare di sesso e libri (cioè, di libri che parlano di sesso, in un circolo letterario sicuramente sui generis) e in una fiction nella fiction, Kim (l’artista pudica) che legge nel romanzo oggetto di discussione la storia d’amore tra un cowboy e una ragazza di città, si trova a sua volta a viverne una con Ty. Attraente proprietario di un ranch, ragazzo tutto muscoli, cavalli e molto cervello (romantico – detto per inciso – da morire).

Il divario tra i due non è solo relativo alla distanza di abitudini e prospettive di chi vive in città e chi in campagna, ma ha un respiro più ampio perché Kim è asiatica e sente – molto più di un ragazzo occidentale – le pressioni dei genitori e le loro aspettative sul suo futro (cioè, tornare a Hong Kong appena terminati gli studi d’arte, entrare nella compagnia internazione di famiglia, sposare un connazionale).

Ty la chiama libellula, perché Kim e piccola e colorata, la inizia al vero piacere fisico, le fa prendere coscienza del proprio corpo e della propria indipendenza.
Ma c’è un aereo che aspetta la ragazza, come andrà a finire?

Clichè sì, ma con garbo: Ty è innamorato, soffre di una sindrome da evitamento e cerca l’altra metà della mela; Kim è combattuta tra aspettative e ambizioni. Astraendosi da ranch, Hong Kong, body painting e confessioni hard, in Una particolare specie di attrazione possiamo trovare situazioni emotive, dialoghi, scambi profondi e confessioni che possono essere vissuti anche nella vita vera. E sognare un partner affascinante, attento e innamorato come Ty.

Da leggere se:
– amate la campagna, gli animali e lo yoga
– gli ombrelli colorati, d’inverno, vi rallegrano le giornate
– siete fermamente convinti che gli opposti si attraggono

Da accompagnare con un’apple pie ricoperta di gelato alla crema e un lungo caffè.

“Addio, Lady di ferro” Antonio Caprarica

Quando la invitarono, nel 2007, all’inaugurazione della statua di bronzo decretatale dal Parlamento nel palazzo di Westminster non trattenne la battuta: «L’avrei preferita di ferro, ma anche bronzo va bene. Non arrugginisce».

Quando le appiopparono il nomignolo di Lady di Ferro, i nemici sovietici non immaginavano di averle fatto un regalo, dando un’identità precisa a un carattere inflessibile, che lei fece di tutto per trasformare in mito. «The lady is not for turning», la signora non torna indietro, proclamò orgogliosa di fronte a un congresso conservatore spaventato dalla sfida delle sue riforme liberiste.

Era del resto un’outsider, che vinse a sorpresa, nel 1975, la gara con Edward Heath per la guida dei conservatori. L’establishment del suo stesso partito non glielo perdonò mai, anche se «la figlia del droghiere», come la chiamavano, sprezzanti, per le sue modeste origini sociali, vinse tre volte di seguito le elezioni, prima, e finora unica, donna a guidare il governo britannico, dal 1979 al 1990.

Di più, Margaret Thatcher resta anche l’unico premier di Sua Maestà ad aver dato nome a un’epoca e a una tendenza politica: il thatcherismo definisce quel misto di privatizzazioni, liberalizzazioni, deregulation e orgoglio patriottico che per l’Inghilterra in ginocchio degli anni Settanta si rivelò medicina amarissima ma salutare, tanto che le sue riforme radicali furono lasciate intatte anche dai successori laburisti.

L’opinione pubblica di sinistra non le ha mai condonato la guerra contro i minatori, che difendevano, assieme al lavoro, anche pozzi improduttivi, e gli argentini non le hanno mai perdonato l’umiliazione militare patita alle Falklands, quando la condottiera Thatcher reagì all’invasione delle isolette con un conflitto combattuto e vinto a 14 mila chilometri da Londra.

Nel dicembre del 1990 lasciò Downing Street tra le lacrime, cacciata da una congiura di partito. Nella residenza tradizionale dei premier rimise piede come ospite dei suoi successori, dal laburista Blair a David Cameron, che ha riportato i conservatori al potere vent’anni dopo di lei. Vecchia e malata, era ormai la Baronessa Kesteven, un monumento vivente, e sedeva nella Camera dei Lord. Ma nella storia britannica entra la figlia del droghiere, che all’Inghilterra di fine Novecento restituì fiducia nel futuro, e anzitutto in se stessa. 

Antonio Caprarica [scritto in occasione della scomparsa di Margaret Thatcher avvenuta l’8 aprile 2013]

Ciao Margherita, che la terra ti sia lieve

Quando il pubblico ha cominciato a conoscerla, e ad amarla, Margherita Hack aveva passato i settant’anni.  Aveva una grande fama nell’ambiente accademico, era nota in Europa come negli Stati Uniti per i suoi lavori di ricerca e perché aveva lavorato nei più celebri osservatori astronomici. In Italia era stata la prima donna a dirigerne uno, quello di Trieste. Aveva collaborato con l’Agenzia spaziale europea, insegnato in varie università e pubblicato duecentocinquanta testi scientifici.

Ma nel 1997, quando era andata in pensione, aveva cominciato un’altra vita, altrettanto ricca ed emozionante: l’impegno politico, le battaglie per i diritti civili, le crociate in favore della laicità dello Stato e il libero accesso al sapere, la divulgazione scientifica, la testimonianza per le “buone cause” che le erano care, quelle a favore degli animali, dello sport, del vegetarianesimo…
 
Margherita ha regalato la sua energia e le sue conoscenze a tanti, in tanti campi.
A noi ha trasmesso il suo amore per la scienza e le stelle lavorando con entusiasmo, precisa e instancabile, a libri  che indagano il mistero dell’universo da diversi punti di vista.
 
In Dove nascono le stelle ci ha accompagnato, partendo dai corpi celesti più vicini e più noti – la Terra, i pianeti, il Sole – in un insolito viaggio a ritroso nel tempo che arriva fino al momento della nascita del cosmo, quando non c’erano luci nel cielo e un gas pervadeva uniformemente lo spazio. 

Con Così parlano le stelle ha spiegato, dialogando con una ragazzina, le leggi fondamentali che regolano l’universo, mentre con Notte di stelle ci ha insegnato, partendo dalle costellazioni visibili ad occhio nudo, a “leggere” il cielo notturno, a guardarlo così come facevano gli uomini antichi.

Tutto comincia dalle stelle e Stelle da paura sono invece due libri che Margherita ha voluto dedicare specialmente ai bambini e ai ragazzi, per soddisfare, divertendoli, tutte le loro curiosità sui fenomeni che avvengono in cielo.
 
Da ultimo, proprio quest’anno, Margherita aveva accettato di raccontare di sé, della sua infanzia, del suo lavoro, dei suoi amori, delle sue convinzioni. Una testimonianza toccante – iniziata nel libro autobiografico La mia vita in bicicletta – che ci arriva ora, in un dvd dal titolo Il perché non lo so,  attraverso le sue stesse parole, schiette e lucide, le sue espressioni ora scanzonate ora tenere, le fotografie che osserva mentre cerca il filo dei ricordi,  e quello lo sguardo azzurro, franco e intenso, che ha conquistato migliaia di persone.
 
 
 

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